L’«Onu dei popoli»: così don Tonino Bello, allora vescovo di Molfetta e riferimento per il mondo pacifista, definì i 500 ragazze e ragazzi che raggiunsero dall’Italia Sarajevo quasi trent’anni fa, per rompere un assedio che l’Onu degli Stati continuava a ignorare. E anche oggi, a Leopoli, i 221 volontari partiti dall’Italia con 65 automezzi, per lo più piccoli e autofinanziati dalle quasi 160 organizzazioni cattoliche e laiche che hanno dato vita alla missione di pace in Ucraina #stopthewarnow, si muovono come veri corpi di pace, in una città sfiorata appena dal conflitto ma nella quale, dalla stazione centrale, arrivano ogni giorno centinaia di persone in fuga dalle zone del Paese devastate.

«Noi della ong Un Ponte per – racconta il co-presidente Alfio Nicotra, uno dei 500 di Sarajevo e parte di questa nuova carovana – abbiamo conosciuto trent’anni di guerre a pezzi. Tra i missili mai intelligenti e il fosforo bianco di Falluja, le case sventrate di Aleppo e i palazzi implosi di Belgrado. La nostra è una proposta politica: fatta di ponti, di comunità solidali, di aiuti ma anche di quei negoziati di cui la politica sembra ormai incapace».

E infatti oggi questa azione condivisa, allarmi aerei permettendo, si apre con i rapporti istituzionali: i volontari incontreranno il sindaco Andrij Sedovy, il vescovo greco cattolico, le rappresentanze diplomatiche, con la partecipazione, discreta ma sentita da parte Cei, dell’arcivescovo di Bari Giuseppe Satriano, profondo conoscitore delle chiese ortodosse come segretario della Commissione per l’Evangelizzazione dei popoli. Poi ci si dedica a ascoltare e stringere legami più forti con le organizzazioni ucraine, come la Caritas diocesana e l’Ucrainan educational platform, che in queste difficili settimane stanno accompagnando le famiglie in fuga e chiedono, inascoltate, il cessate il fuoco immediato.

La seconda parte della giornata è dedicata alla consegna delle oltre 32 tonnellate di aiuti trasportati dall’Italia. «In questa carovana le ong sono tante e molto determinate – spiega la portavoce dell’Associazione delle ong italiane Silvia Stilli, direttrice dell’Ong Arcs in viaggio con Fairwatch sul camper di Arci Solidarietà –, perché siamo già operativi in Ucraina, anche senza il sostegno del governo e del sistema pubblico della Cooperazione. Venire qui oggi con fondi nostri e dei nostri sostenitori è una scelta politica: crediamo che il pacifismo attivo sia quello dei pacchi ma anche delle relazioni di pace. La risposta più efficace all’instabilità politica globale con la quale ci confrontiamo da decenni, altro che riarmo». Macinando gli ultimi chilometri, tra decine di telefonate, in effetti racimola fondi propri e del Forum del Terzo settore, sollecita con Arci Solidarietà posti in più dal Comune di Roma e un altro pullman si riempie di rifugiati e di speranza.

«Noi, quelli della pace, siamo sempre in marcia – ironizza dal volante di un furgone Gianpiero Cofano dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, che per prima ha lanciato la proposta della carovana – ed è per quello che al centro della nostra azione a Leopoli c’è una marcia, silenziosa: dalla stazione della città di Leopoli, la stazione degli arrivi, del dolore, fino alla piazza centrale della città. Indosseremo sciarpe e stracci bianchi, con su scritta la richiesta di ‘pace subito’. E’ un abbraccio alle vittime, non ci potranno ignorare».

Un abbraccio che continuerà lungo la strada del ritorno in Italia, e accompagnerà oltre 300 persone, per lo più mamme con bambini, poi piccoli pazienti oncologici, un centinaio di sfollati da Dnipro tra i quali 30 con disabilità, alcuni minori. «Siamo consapevoli che è il primo atto di un percorso che continueremo con l’Associazione delle ong italiane e gli altri aderenti – spiega la presidente della federazione delle Ong cattoliche Ivana Borsotto – Ci saranno altre missioni umanitarie, e nel frattempo le nostre organizzazioni continueranno il loro impegno in Ucraina, alle frontiere e nell’accoglienza in Italia. E’ il nostro modo di dare forza al dialogo, la nostra diplomazia».