Il giorno dopo il voto, che ha segnato l’affluenza al 76,6%, con i risultati definitivi, per Spd e Cdu comincia la fase due delle elezioni federali: la caccia agli imprescindibili partner del futuro governo della Germania che ancora una volta sarà di coalizione.

Dall’alto del 25,7% conquistato domenica alle urne (+5,2% rispetto al 2017) il candidato Spd, Olaf Scholz, ha in mano le carte migliori e si è già orientato verso l’alleanza “Semaforo” escludendo a priori una nuova GroKo. «Gli elettori hanno rafforzato Spd, Verdi e liberali quindi questi partiti dovranno guidare il nuovo governo mentre i cristiano-democratici dovranno andare all’opposizione» taglia corto Scholz.

PROCESSO A LASCHET Così, l’ex ministro delle Finanze toglie letteralmente il terreno da sotto i piedi di Armin Laschet, aspirante-cancelliere dell’Union che ha collezionato il peggior risultato della storia per i democristiani: 24,1% sono ben 8,8 punti in meno del 2017; un abisso mai toccato dall’ex volkspartei. «Non sono soddisfatto, ma nessun partito può trarre un mandato di governo da questi risultati, né noi né la Spd» spiega mentre come Scholz annuncia i negoziati con Verdi e Fdp.

Il suo problema, però, è che rimane centrale anche la sua pessima performance, e infatti contro di lui si è già aperto il processo politico. La prima a sparare ad alzo zero è la deputata Cdu Ellen Demuth, non l’ultima arrivata ma la fiduciaria del vicepresidente del partito Norbert Röttgen. «Caro Armin, hai perso. Evita altri danni alla Cdu e dimettiti» è il suo tweet, mentre si aspetta la prevedibile “vendetta” di Markus Söder, leader della Csu, sconfitto alle primarie proprio da Laschet. Con lui al comando – è l’unanime valutazione dei politologi Cdu – il partito non sarebbe sprofondato così in basso.

VERDI SOTTOTONO MA DECISIVI Hanno perso ma anche vinto. Il 14,8% del consenso ai Verdi risulta al di sotto delle aspettative e ben lontano dal boom primaverile ma restituisce anche il più che raddoppio dei voti rispetto al 2017. Senza contare che oggi sono il partito più corteggiato: senza di loro non si formerà alcuna (plausibile) coalizione di governo.

«Volevamo di più» ammette la candidata Annalena Baerbock e «non siamo dove volevamo essere» fa eco il co-segretario Robert Habeck. Però entrambi ieri si mostravano sorridenti, fiduciosi e soprattutto pronti ad aprire il dialogo con i liberali, come conferma anche Michael Kellner, direttore nazionale dei Grünen. L’unico grande ostacolo rimane la transizione ecologica: difficile far collimare lo stop alle auto con motore termico con il programma liberista di Fdp. Ma il tentativo rimane fondamentale: vale il posto da vicecancelliera per Baerbock.

IL “KINGMAKER” LIBERALE Festeggia il candidato liberale Christian Lindner già battezzato kingmaker dalla stampa. L’11,5% sancito dalle urne (+0,8% dal 2017) trasforma Fdp nel secondo partito più corteggiato dopo i Verdi. Ieri sono già iniziati i «colloqui preliminari» con Baerbock per provare a costruire l’alleanza “Semaforo” anche se sul tavolo aleggia il fallimento delle reciproche trattative di quattro anni fa. Sulla carta i punti di convergenza sono solo la digitalizzazione e la legalizzazione della cannabis, ma l’obiettivo comune di Lindner e Baerbock per ora si limita a «cominciare a parlarsi in modo fiducioso».

ROCCAFORTI DI AFD SEMPRE PIÙ NERE A livello nazionale hanno preso “appena” il 10,3% ma sono il primo partito in Turingia e in Sassonia. Per questo gli alternativi per la Germania festeggiano, nonostante la fine del vento populista in poppa, l’esito del voto «comunque fantastico».

I candidati Alice Weidel e Tino Chrupalla non entreranno mai in nessun governo federale però l’estrema destra ha fissato un risultato storico nelle due roccaforti nere: 24,6% in Sassonia davanti alla Spd (19,3%) e 24% in Turingia: 0,7% in più dei socialdemocratici con la Cdu sprofondata a quota 17,2%.

IL PELO DELLA SINISTRA Per il rotto della cuffia e perfino sotto la percentuale di sbarramento al Bundestag. La Linke ha poco da celebrare ma tira un enorme sospiro di sollievo: il 4,9% conquistato (-4.7% rispetto al 2017) le permette comunque di entrare in Parlamento grazie alla regola secondo cui vincendo tre mandati diretti si può bypassare la soglia di ammissione del 5%. Così la Sinistra “vince” 39 deputati ma “perde” per sempre l’ipotesi di coalizione con Spd e Verdi promossa in campagna elettorale. «Abbiamo un occhio nero e la Linke deve reinventarsi» ammette la co-segretaria Susanne Hennig-Wellsow.

LA SORPRESA DEI GIOVANI Contrariamente ai sondaggi i 3 milioni di giovani al primo voto non hanno scelto gli ambientalisti ma i liberali: il 23% ha messo la croce su Fdp, il 22% sui Verdi, il 15% sulla Spd e il 10% su Cdu-Csu. Nessuno si sorprende, invece, dell’altro dato sintomatico delle elezioni: il nuovo Bundestag-Monstre avrà ben 735 deputati, mai così tanti.