Elly Schlein è in viaggio da Roma alla volta di Bologna, dove oggi parteciperà alle commemorazioni della strage del 1980. È reduce dalla seduta alla Camera sul Pnrr, durante la quale ha criticato duramente il governo. «Da una parte c’è un’enorme questione di metodo – spiega – Ci hanno messo dieci mesi per cancellare 16 miliardi di progetti. È un anno che chiediamo di discuterne in parlamento, ma apprendiamo di questi tagli da una conferenza stampa. È la governance stessa del Pnrr, oltretutto, che prevede il coinvolgimento delle camere».

E sul merito?

Fa impressione che in tempi di roghi e nubifragi taglino risorse che servono per proteggere le comunità dal dissesto e per difendere il verde. In tutto ciò, di questi 16 miliardi, almeno 13 sono tolti ai comuni, che avevano lavorato con efficienza ai progetti. E allora ci chiediamo: cosa ha il governo contro i comuni?

Fitto assicura che i soldi si troveranno da altri fondi.

Ad ora non hanno chiarito come, lo dice anche l’Ufficio bilancio della camera. Stanno facendo il gioco delle tre carte, quelli di cui parlano sono fondi che già dovevano arrivare. Il risultato di questo gioco sarà una perdità secca per le comunità locali.

I sindaci in questi giorni si trovano già in prima linea per affrontare i cittadini cui è stato tolto il reddito di cittadinanza.

Si tratta di 169 mila persone povere che in questo momento di crisi, con l’inflazione che galoppa, si ritrovano in queste condizioni e si rivolgono ai servizi sociali che il governo non ha precedentemente sostenuto. A questo proposito voglio aggiungere anche che le comunità locali hanno dovuto fare i conti anche con i tagli all’accoglienza diffusa dei migranti, anche su questo fronte sono stati lasciati soli. Dal Pnrr escono 300 milioni che erano destinati alle gestione dei beni confiscati alla mafia. Se c’è un insegnamento di Paolo Borsellino è che le organizzazioni criminali debbano essere colpite nei patrimoni. Il bando per questi fondi era gestito da un’agenzia che la stessa Meloni aveva in precedenza smantellato. Hanno modificato gli obiettivi rinunciando a 15 miliardi di evasione. Sono campioni nei condoni: è la stessa cifra che manca alla sanità pubblica.

Il governo si sta scoprendo sulla questione sociale?

Sulla questione sociale l’esecutivo pianta le sue bandierine ideologiche in mezzo agli occhi di chi sta peggio. Se ne trae una visione d’insieme: l’obiettivo è colpire e nascondere i poveri. Dalla prima manovra hanno cancellato anche il fondo di sostegno agli affitti, adesso dal Pnrr tagliano le riqualificazioni urbane, tra di esse ad esempio c’era anche quella di Scampia, e delle aree interne. A questo punto viene anche il dubbio che non condividano gli obiettivi di fondo del Pnrr, che ha lo scopo di ridurre le disuguaglianze e di facilitare la transizione ecologica e quella digitale.

Nella rappresentazione della destra, che ha fatto breccia anche presso certa sinistra, lei è quella dei diritti civili, non dei diritti sociali. Come se le due dimensioni fossero contrapposte…

La destra sta comprimendo i diritti della persone Lgbtqi+, ma non sono persone che lavorano, fanno impresa? Eppure vivono discriminazioni per ciò che sono. Diritti civili e sociali sono inscindibili chi li divide vuole negarli entrambi. Penso che dobbiamo parlare di un attacco alla multidimensionalità della povertà, della quale fa parte anche la giustizia climatica. Fanno i negazionisti col condizionatore, pensino a chi non se lo può permettere. Per questo bisogna considerare anche la povertà energetica.

Eravamo abituati a una destra, penso all’era Berlusconi, che aveva un suo blocco sociale ma che appena usciva fuori dai confini nazionali era delegittimata, debole. Adesso pare il contrario: Meloni ha vinto le elezioni perché di fatto non aveva contendenti, non ha una egemonia reale sul paese, ma è forte di appoggi internazionali. Questo come cambia la vostra azione all’opposizione?

Quando arrivi al governo alcuni nodi vengano al pettine. Penso al fallimento dell’opera di mediazione tra con Ungheria e Polonia. Meloni è andata a Varsavia a dar ragione al premier Morawiecki, nonostante abbia detto no al rispetto dei diritti dei migranti e no alla solidarietà con l’Italia. Sono le contraddizioni dell’internazionale dei nazionalisti. Puntano il dito contro i diversi e ultimamente contro gli ecologisti, ma quando portano agli estremi questa retorica si trovano su fronti opposti. Noi progressisti, invece, dobbiamo fare più gioco di sponda. Nei giorni scorsi ho incontrato Pedro Sánchez che ha fatto un grande lavoro per limitare i contratti a tempo determinato e per aumentare il salario minimo. O António Costa in Portogallo, che riducendo le disuguaglianze ha rilanciato l’economia. Di recente ho visto anche Lula e il presidente cileno Boric.

E l’ultimo Consiglio europeo sui migranti?

Hanno scelto di ripetere schemi del passato: esternalizzazione delle frontiere. Siamo preoccupati, l’accordo con la Tunisia ricalca quelli che erano stati fatti con Turchia e Libia.

Erano stati fatti anche da ministri del Pd…

Su questo il Pd deve fare autocritica. E abbiamo votato compatti contro il rifinanziamento della guardia costiera libica, era un punto fondamentale della mia mozione congressuale. Su questo tema eravamo andati contro il nostro stesso mondo. Ieri ad esempio ero a Castel Volturno a trovare gli amici dell’Ex Canapificio di caserta, esperienza di accoglienza e solidarietà.

Tutto ciò precipiterà sulle elezioni europee di giugno 2024?

La Spagna dimostra che l’alleanza tra popolari e nazionalisti non funziona. La sfida sarà sul futuro dell’Unione europea, la nostra preoccupazione è che alcuni passi avanti fatti in questi anni sugli investimenti comuni sulla transizione e le redistribuzione possano essere cancellati.

Errata Corrige

Per un refuso, nell’edizione in edicola il primo ministro spagnolo è stato chiamato Pablo e non Pedro Sánchez. Ce ne scusiamo con lettori e lettrici