L’ingresso sbarrato del quartier generale del Pd, in via Bentivegna a Palermo, è l’immagine desolante del flop del centrosinistra in Sicilia, coi dem che in qualche modo tengono botta e i partiti di sinistra che non riescono a uscire dal tunnel. Luci spente e stanze vuote fin dal primo pomeriggio, nessun comitato allestito. Alla vigilia dello spoglio, gli exit poll avevano tracciato la disfatta. Nessuno dei dirigenti per l’intera giornata ha proferito parola mentre si materializzava la sconfitta di Caterina Chinnici; terza con appena il 15% circa e ben 25 punti in meno di Renato Schifani, che festeggia la vittoria.

In serata parla il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo, che ringrazia la candidata dem che «ha accettato una sfida ardua, ha vinto le primarie e si è messa in gioco senza risparmiarsi, anche quando la competizione si è oggettivamente complicata nel momento in cui la coalizione si è disgregata in seguito alla scelta scellerata del M5S di lasciare un percorso avviato da tempo». Poi si alza la voce del segretario di Palermo, Rosario Filoramo: lo fa per annunciare che lascerà la guida del partito. Ma la resa dei conti coinvolgerà, probabilmente, diversi dirigenti dem.

L’ex presidente del Senato con circa il 40% prende il testimone di Nello Musumeci, lo fa grazie a un centrodestra che è riuscito a ricompattarsi. Tutti i partiti della coalizione viaggiano al di sopra del 5%, la soglia di sbarramento per la conquista dei seggi all’Assemblea regionale. Persino per la Dc di Totò Cuffaro e per gli autonomisti di Raffaele Lombardo si profilano posti in parlamento, a conferma che la Sicilia rimane saldamente in mano al centrodestra. Ci ha provato fino all’ultimo Cateno De Luca a fermarli, ma non ci è riuscito nonostante una campagna elettorale a suon battente con centinaia di comizi e un tour elettorale di nove mesi in 320 dei 390 comuni dell’isola.

L’ex sindaco di Messina ha conquistato la seconda piazza, una decina di punti in meno di Schifani. Sperava di colmare il gap approfittando del voto disgiunto, la possibilità che da la legge elettorale di votare per una lista e un candidato governatore di un altro schieramento. Ma non c’è riuscito, almeno nella misura sperata, confidando nei “traditori” di Schifani. Pur ottenendo più voti delle sue nove liste, “scateno” come viene soprannominato non è riuscito a coronare la sua cavalcata con la vittoria. A scrutinio ancora in corso il primato, come lista, se lo contendono M5s, FdI e Cateno De Luca, ma per avere un quadro chiaro bisognerà attendere i risultati definitivi. Il centrodestra, comunque, è sicuro di potere avere la maggioranza in Assemblea.

«È una vittoria di tutta la coalizione, tutti i partiti supereranno la soglia del 5% – dice Schifani – Ne sono felice perché ci sarà stabilità. Una maggioranza abbastanza qualificata rafforzerà l’azione del governo anche perché tutti avranno pari dignità, al di là dell’entità dei consensi che certo influiranno sulla composizione della giunta, ma ribadisco che sarà il governo delle competenze».

Ammette la sconfitta, De Luca. «Io ho perso, ma penso che i siciliani non abbiano vinto», fa sapere quando era stato scrutinato appena il 5% delle sezioni. E avverte: «Non voglio avere nulla a che fare con Schifani», facendo intendere che i suoi faranno una dura opposizione.

Nel M5s la delusione per il quarto posto di Nuccio Di Paola, che non è riuscito a capitalizzare gli assist elettorali di Giuseppe Conte, è compensata dall’ottimo risultato della lista conseguito nei collegi uninominali in Sicilia, piazzandosi prima nell’Isola, ed eleggendo due parlamentari: Davide Aiello alla Camera e Dolores Bevilacqua al Senato. Riesce a conquistare due parlamentari nell’uninominale, a sorpresa, anche la lista ‘Sud chiama Nord’ di Cateno De Luca sindaco d’Italia, che piazza a Roma Dafne Musolino e Francesco Gallo. Quattordici su 18 i collegi che vanno al centrodestra che però fallisce l’en plein.

Mancano l’elezione alcuni big. Non ce l’hanno fatta l’ex ministra Stefania Prestigiacomo (Fi), la vice presidente al Senato di Fi Gabriella Giammanco, Bobo Craxi (Psi), l’ex sottosegretaria del M5s che si candidò alle primarie progressiste Barbara Floridia e la deputata di Fi Matilde Siracusano. Eletto, invece, alla Camera, nel collegio uninominale di Agigento, il candidato della coalizione di centrodestra Calogero Pisano, al centro di una dura polemica a pochi giorni dal voto per avere pubblicato in passato alcuni post sui social con parole di apprezzamento per Adolf Hitler, oltre che di sostegno per Vladimir Putin.

E un biglietto per il Senato l’ha staccato anche Nello Musumeci, per lui una bella rivincita dopo avere dovuto digerire il «no» degli alleati alla sua ricandidatura a governatore, difeso solo da FdI: ben 150mila voti e un seggio a Palazzo Madama. Presentandosi ai giornalisti, Schifani ringrazia tutti: Berlusconi, Meloni, Salvini, Saverio Romano, Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. Nessun accenno a Gianfranco Miccichè, il leader di Fi nell’Isola che aveva dovuto digerire la candidatura di Schifani, proposta da FdI dopo il «no» al Musumeci-bis. E c’è chi lo interpreta come un preludio di tempesta.