Il testo è ancora un fantasma, ma il decreto sblocca Cantieri sembra sul punto di vedere per davvero la luce. Nel cratere del terremoto del Centro Italia la notizia è attesa da tempo, anche perché a mille giorni dalla prima scossa la ricostruzione è ancora una chimera, mai cominciata davvero e della cui esistenza ormai si comincia seriamente a dubitare.

La giornata di ieri, comunque, si è aperta con Giuseppe Conte che invitava Lega e M5S a trovare un accordo in fretta, perché, tra le altre cose, rischiavano di andare in decadenza le norme in favore dei terremotati. Di cosa parliamo? Sostanzialmente di un allargamento delle maglie per le gare di appalto, con la cancellazione della norma che impone a chi vuole ricostruire la propria casa di fare una mini gara con tre contendenti e l’introduzione della possibilità di scegliere la ditta in autonomia pescandola dalle white list delle prefetture.

Un’altra novità riguarderebbe la possibilità di rendere definitive le costruzioni fatte in via provvisoria durante la fase d’emergenza. In altre parole, saremmo di fronte a una sorta di condono mascherato: non un colpo di spugna ma quasi, anche perché insieme a opere necessarie (come edifici istituzionali) nella zona appenninica negli ultimi anni sono sorti diversi centri commerciali, ormai destinati a rimanere dove sono per sempre. I sindaci, tuttavia, vorrebbero anche altro. Giusto lunedì, ai margini di una riunione a Teramo, i primi cittadini del cratere avevano chiesto al governo maggiori poteri, oltre alla più volte evocata «necessità di semplificare» che, a detta almeno del coordinatore dell’Anci Maurizio Mangialardi, il commissario alla ricostruzione «non avrebbe capito». Anche il governatore marchigiano Luca Ceriscioli, ha chiesto al governo di fare presto e di accogliere gli emendamenti per il Centro Italia.

Al netto di ogni questione tecnica, il problema è sempre lo stesso: siamo all’ennesima revisione delle normative sul sisma e la luce in fondo al tunnel continua a non vedersi. «Siamo stufi di continue promesse disattese – dice il sindaco di Arquata Aleandro Petrucci – abbiamo ricevuto un terzo dei finanziamenti». Perché, in fin dei conti, il problema è sempre lo stesso: per ricostruire servono soldi, ma sul punto, da Roma, si continua a fare più o meno finta di niente.