Grandi nuvole nere si addensano su North Stream 2, la nuova pipeline che dovrebbe portare in Germania il gas russo attraverso il mar Baltico entro il 2019. Sabato scorso Vladimir Putin è volato a Meseberg, una sorta di residenza estiva del cancellierato tedesco, per incontrare Angela Merkel.

I due hanno deciso di interrompere le vacanze estive dopo le indiscrezioni del Wall Street Journal su possibili sanzioni americane volte a impedire la realizzazione del progetto. Al termine dell’incontro, durato oltre tre ore, il Cremlino ha emesso un comunicato in cui si afferma che «il presidente russo Vladimir Putin e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno concordato sulla necessità di proteggere il progetto North Stream 2 dagli attacchi di paesi terzi».

I due leader sarebbe giunti però alla decisione di mettere in stand by il progetto in attesa di valutare l’evoluzione della situazione. «Le minacce americane e il lavorio lobbistico portato avanti dall’Ucraina a Bruxelles stanno dando i loro frutti», commentava amaramente ieri nei corridoi della Duma un deputato di Russia Unita. L’idea di Putin e di Merkel sarebbe quella di tentare di allargare North Stream 2 ad altri paesi in modo da allentare la morsa in cui la Casa bianca vorrebbe costringerli.

Della possibile partnership della Repubblica Ceca si vocifera già da tempo ma potrebbe non bastare anche perché la Danimarca, su pressione americana, nicchia a dare il suo benestare al passaggio del gasdotto nelle proprie acque territoriali. In caso di sanzioni americane del resto i due paesi sanno di avere le polveri bagnate per reagire come si converrebbe.

L’ultimo round di sanzioni che ha colpito la Russia solo qualche settimana fa ha creato panico sul mercato di Mosca e fatto impennare il rublo a 68 contro il dollaro senza che il Cremlino potesse reagire se non verbalmente.

E la Germania teme di restare isolata nell’Unione dove Polonia e Paesi Baltici hanno già dichiarato la loro netta opposizione al progetto. «L’esperienza insegna che quando le pipeline vengono messe in naftalina poi non vengono più realizzate perché finiscono per mutare le condizioni geopolitiche», commentava ieri Kommersant.

Per ora la parola addio al progetto, almeno ufficialmente, sia a Berlino che a Mosca resta tabù, anche per non dare facili punti di riferimento a Washington. Merkel e Putin continuano a blandire Kiev garantendo che anche dopo North Stream 2 la Russia continuerà a far passare parte del suo gas attraverso l’Ucraina (una concessione dal valore di 2-3 miliardi di dollari) ma Poroshenko ha finora rifiutato ogni intesa.

Le elezioni in Ucraina nel 2019 potrebbero aprire nuovi scenari ma i tempi stringono. Soprattutto perché gli Usa potrebbero concentrare il loro fuoco di sbarramento sul Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe portare il gas russo in Turchia. E visti i chiari di luna tra Washington e Ankara, l’ipotesi è tutto meno che improbabile.

La partita delle rotte del gas è già diventata uno dei baricentri dello scontro politico in Europa. Ieri il governo moldavo per bocca del suo ministro dell’Energia Gaburic ha dichiarato di non voler rinnovare il contratto in scadenza con il gigante russo Gazprom per la fornitura di gas dopo aver siglato un accordo per la costruzione di una pipeline che dovrebbe portare a Kishinev forniture di gas dalla Romania.

Una mossa a sorpresa sullo sfondo delle legislative di fine anno dove si deciderà il destino del Paese in bilico tra i liberali filo-occidentali al governo e il presidente filo-russo in carica Igor Dodon.