Le prove di dialogo tra Putin e Trump al vertice del G20 di Amburgo, sono già un ricordo. Oggi il congresso americano dovrebbe approvare un consistente nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia (oltre che contro l’Iran e la Corea del Nord) con il beneplacito anche del presidente Usa, che solo alcuni giorni fa sembrava incerto e titubante sul da farsi.

LE SANZIONI sono vòlte a punire la Russia per la sua annessione della Crimea, per la guerra nel Donbass e per aver tentato di condizionare le presidenziali americane.

Questo formalmente. Dietro si intravede invece la dura concorrenza per l’egemonia sul nodo energetico e nel settore bellico. Oltre che un braccio di ferro, tutto politico, con l’Unione europea. Le sanzioni approvate sono così dure da far arricciare il naso ad alcune importanti multinazionali americane. Secondo Interfax, nei giorni scorsi è stato registrato un certo fermento lobbistico a Washington, mirato ad attenuare le sanzioni. Si sarebbero mossi giganti degli idrocarburi come BP e Exxon, la General Electric, la Boeing e nel settore finanziario società del calibro di Citigroup, Mastercard e Visa.

PREOCCUPATE per le proprie esportazioni, anche se non coinvolte dalle sanzioni, sarebbero anche la Ford, Dow Chemical, Procter & Gamble, International Paper.
E leggendo le misure approvate se ne comprende il perché. Nel settore degli armamenti si prevedono sanzioni per qualsiasi stato che acquisti armi dalla Russia. Si vorrebbe così impedire un’ulteriore sviluppo dell’industria bellica russa che nel 2016 rappresentava un significativo 8% di tutto il mercato mondiale.

IL PACCHETTO, sostenuto bipartisan sia dai democratici che dai repubblicani, prevede però soprattutto che «qualsiasi compagnia russa dovunque dislocata non possa collaborare con aziende occidentali nel settore della ricerca scientifica e dell’innovazione nel settore degli idrocarburi».

La misura sarebbe particolarmente negativa non solo per la Russia, notoriamente dipendente dall’esportazione di petrolio e gas, ma anche di importanti realtà europee. Infatti nel documento approntato dal Congresso si prevede la possibilità di porre sanzioni anche nei confronti di aziende che collaborano al progetto South Stream II (una pipeline che porterebbe il gas russo in Germania attraverso il Baltico, tagliando fuori l’Ucraina).

Le sanzioni sono tanto più effettive in quanto prevedono nel preambolo «che il presidente non possa annullarle o attenuarle» se non con l’accordo del Congresso, ponendo così Trump sotto la tutela delle burocrazie parlamentari.

Sabato a Bruxelles i vertici dell’Unione europea si sono riuniti per sottolineare tutta la loro opposizione alle nuove sanzioni americane e hanno stilato un durissimo comunicato in cui «chiedono che gli Usa non assumano decisioni non precedentemente concordate con gli alleati europei» che potrebbero avere «imprevedibili conseguenze».

ANCHE A MOSCA il barometro volge a tempesta. Il Cremlino per bocca di Dmitry Peskov giudica «molto negativamente le sanzioni americane contro la Russia» e segnala «come queste porteranno a un peggioramento certo nelle relazioni tra i due paesi».

Il portavoce di Putin ha sottolineato anche «che le precedenti sanzioni non sono comunque riuscite a intaccare l’economia russa».

Putin e la sua squadra, intanto, stanno studiando quale risposta dare all’offensiva americana. La armi a disposizione per una ritorsione per ora sembrano spuntate, ma la rinnovata sintonia con l’Unione europea potrebbe riservare sorprese inaspettate.