In fila ai tornelli per accedere al settore verde dello Stadio Meazza ci sono i tifosi dell’Inter diretti in Curva Nord per il match casalingo contro il Torino. «Bella la ‘Cattedrale’, tutto sommato», commentano esaltati alcuni ventenni sciarpati di nerazzurro. «Ma che ne sanno della storia di questo stadio, sono troppo giovani», commenta amaro un tifoso sulla settantina che ascolta le risposte alle nostre domande mentre aspetta il suo turno per il controllo del green pass. «Mi ricordo quando su questo prato ci giocava il ‘baffo’ (Sandro Mazzola, ndr) e se penso che dopo la demolizione ne resterà soltanto un moncherino mi viene una grande malinconia», aggiunge.

PIÙ CHE UN CONFLITTO generazionale tra vecchia guardia nostalgica e nuove generazioni proiettate verso il futuro, quella per evitare che lo stadio milanese di San Siro venga buttato giù è una battaglia cittadina, ambientale e d’affetto. Soprattutto d’affetto. Come testimoniano i molti che ricordano i bei momenti trascorsi sull’erba del Meazza. «Genesis 19 maggio ‘87, come potrei dimenticarmene. Lì ho conosciuto mio marito», commenta una signora che rientra a casa dalle parti di via degli Aldobrandini, a pochi passi dallo stadio. La storia di San Siro è infatti legata a eventi sportivi e musicali che milanesi e non solo fanno fatica ad accantonare.

«Il Meazza non è solo il luogo delle gesta di calciatori, ma anche di concerti che dal 1980 hanno coinvolto otto milioni di persone. Deve restare lo stadio di tutti», osserva il produttore musicale Claudio Trotta, membro del comitato Sì Meazza. Così, sono tutti sul piede di guerra. Soprattutto dopo che Inter e Milan hanno presentato la proposta definitiva per il nuovo impianto. Con una nota congiunta, infatti, martedì i due club avevano annunciato l’assegnazione del progetto allo studio di architettura statunitense Populos con la sua ‘Cattedrale’. «L’area dove sorgeranno il nuovo stadio e il nuovo distretto sarà pedonale, con circa 110 mila metri quadri di aree verdi», recita la nota.

«Ci rendiamo conto che dal rendering che hanno presentato pare che lo stadio verrà costruito in mezzo alla Foresta Amazzonica? Ma ci prendono in giro?», s’infervora un residente. Dalle rappresentazioni grafiche, infatti, il nuovo stadio sembra immerso in un’enorme area verde impossibile da realizzare «a meno che non si buttino giù anche le case popolari limitrofe», commenta sarcastico il consigliere comunale dei Verdi (che appoggiano Sala in giunta) Carlo Monguzzi, da sempre contrario all’abbattimento del vecchio stadio.

INTANTO METTE LE MANI avanti l’assessore alla Rigenerazione Urbana del Comune, Giancarlo Tancredi, che davanti alla commissione consiliare convocata per discutere la costruzione del nuovo impianto specifica che «la pubblicazione dei disegni non è stata accompagnata da comunicazioni ufficiali». Ma ormai la macchina della protesta è in moto. I comitati, già battaglieri negli scorsi mesi, hanno organizzato una conferenza stampa per annunciare il ricorso al Tar che intendono presentare. «Sala ritiri la delibera dello scorso novembre in cui c’è la dichiarazione di pubblico interesse. La proposta è inconsistente», spiega Luigi Corbani del comitato ‘Sì Meazza’.

Il ricorso, precisano gli avvocati, dovrà essere presentato entro il 4 di gennaio e non sarà firmato solo dai residenti del quartiere ma da tutti coloro che intendono sostenere la causa. «Andremo avanti anche con un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale – aggiunge Corbani – e nelle nostre intenzioni c’è anche l’ipotesi di coinvolgere la commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager». Corbani ricorda anche un altro punto importante: il parere della Soprintendenza per i Beni culturali che nel 2019 si pronunciava contro l’abbattimento delle rampe elicoidali dello stadio, ritenute elementi architettonici di valore. “Nel 2026 (post Olimpiadi, quando dovrebbero iniziare i lavori del nuovo stadio, ndr) le rampe avranno 70 anni. Avranno bisogno di manutenzione, certo. Come d’altronde i servizi igienici e altro, ma non si può buttar giù una casa se la porta è rotta», aggiunge Corbani.

A PREOCCUPARE, comunque, non sono solo le questioni tecniche. Anzi: tra gli abitanti è forte la paura di un disagio ambientale legato all’abbattimento. Si stima, infatti, che potrebbero essere circa 180mila metri cubi i rifiuti derivanti – tra calcestruzzo, amianto e altri materiali inquinanti – per un complessivo di 3 anni e mezzo di lavori e un via vai di tir pari a 270 circa al giorno. «Non è proprio la svolta green che questa amministrazione aveva promesso», attacca la presidente del Coordinamento San Siro, Gabriella Bruschi. «Dagli oltre 5 ettari si passerà a poco più di 2. Il resto del verde previsto è di copertura: tetti e poco altro. Se non è un inganno questo, non so cosa lo sia».