«Mi auguro che giovedì i governi europei diano sostanza al principio di solidarietà su cui si basa l’Unione europea perché sull’immigrazione davvero ci giochiamo il futuro dell’Europa», dice l’europarlamentare di Possibile Elly Schlein, tra i principali protagonisti dell’ottima riforma del regolamento di Dublino approvata dal parlamento europeo e mai discussa dai capi di Stato e di governo.

«Se Merkel e Macron non vogliono che il loro europeismo rimanga solo di facciata bisogna che sostengano quella riforma, l’unica che prevede una condivisione di responsabilità e che sostituisce il criterio, pessimo, del Paese di primo approdo con un meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo. Non possiamo far pagare a loro la nostra incapacità di scrivere normative più efficaci, più eque, più certe e più rispettose dei diritti fondamentali».

Il presidente francese Macron dice che l’emergenza migranti è ormai finita, almeno per quanto riguarda l’Italia visto che gli arrivi sono diminuiti dI quasi l’80%.

Gli arrivi sono diminuiti per le ragioni più diverse. Vorrei che fosse chiaro che l’esternalizzazione delle frontiere non rappresenta niente di nuovo. Sono anni che l’Ue ci prova attraverso accordi sui rimpatri, accordi cinici come quello con la Turchia o con la Libia o attraverso i migration compact con i Paesi africani nei quali si subordinano gli aiuti allo sviluppo a un maggiore controllo delle frontiere africane. Tutte cose già fatte, non c’è niente di nuovo nei dieci punti illustrati dal governo italiano. Esternalizzare le frontiere non ha mai risolto nulla se non violare i diritti fondamentali altrove, ma ha sempre avuto l’effetto di creare nuove rotte, sempre più pericolose verso l’Italia e la Grecia.

Però il premier Conte le ripropone e il ministro Salvini vola in Libia per chiedere ai libici di aprire hotspot sul proprio territorio.

Solo i nostalgici del colonialismo possono pensare di fare degli hotspot nei Paesi nordafricani, un’altra sparata alla Salvini senza alcun effetto pratico. Va detto però che il governo riprende anche i punti approvati dall’europarlamento con la riforma di Dublino: il superamento del criterio del Paese di primo approdo, la ridistribuzione dei richiedenti asilo tra tutti i paesi e le sanzioni su fondi strutturale per i Paesi che violano gli obblighi di accoglienza.

Però l’Italia ha scelto di non difendere quella riforma.

Lì c’è una contraddizione in seno al governo. L’Italia deve decidere da che parte stare,se con i Paesi mediterranei e coloro che chiedono solidarietà oppure con Orban e l’Austria, l’asse a cui punta Salvini che è disposto a sacrificare gli interessi italiani per un’alleanza tutta politica che ha come fine lo smantellamento dell’Ue.

Nel frattempo si chiudono i porti alle Ong.

Nel frattempo si prendono decisioni gravi, illegittime dal punto di vista del diritto internazionale e soprattutto vigliacche, perché la battaglia sulla solidarietà europea non si fa sulla pelle delle persone in mezzo al mare. Per sfidare gli egoismo nazionali che il 28 si scontreranno a Bruxelles abbiamo lanciato con numerose associazioni, reti e sindacati italiani e europee European solidarity, una mobilitazione che alle 18 di giovedì riempirà le piazza europee di barchette di carta per chiedere ai governi di fare la propria parte sull’accoglienza, di cambiare Dublino e di aprire vie legali e sicure di accesso ai migranti.