L’accordo non c’è e il vertice che avrebbe dovuto sancirlo neppure. La generosa offerta impossibile da rifiutare annunciata da Giorgia Meloni alla vigilia non si sa se sia arrivata o meno ma nel caso non è bastata a sbloccare la situazione, nonostante l’ottimismo mattutino di FdI. Fazzolari dava per chiuso l’accordo sui presidenti delle camere. La Russa, presidente del Senato in pectore, era l’unico a frenare gli entusiasmi, forse per scaramanzia.

La leader invece concordava con il fedelissimo Fazzolari, confessava di vedere rosa. La giornata ha dimostrato che sbagliavano. Il semaforo verde della Lega ancora non c’è. La controcandidatura di Calderoli resta in campo. Salvini alza il prezzo e porta alle stelle l’irritazione dei tricolori ma un po’ anche dei forzisti che vogliono sì tirare la corda però senza rischiare che si spezzi.

NON SIGNIFICA CHE il centrodestra arrivi in Parlamento, alle 10 alla Camera, mezz’ora dopo al Senato, senza niente in mano. Non vuol dire che sia fuori portata l’obiettivo di Giorgia Meloni, eleggere subito, entro le 13, il presidente del Senato sbloccando così automaticamente anche la nomina del collega di Montecitorio domani alla quarta votazione, la prima senza maggioranza qualificata necessaria. «C’è ancora tempo, anche se non molto», sottolineava in serata Giorgetti, dopo aver fatto il punto con Salvini. «C’è crescente ottimismo. Stiamo lavorando per mettere d’accordo tutti.

Non c’è bisogno di cenare insieme tutte le sere: basta il telefono», confermavano poco dopo dai vertici leghisti. Insomma tra la lunga notte e la mattina presto c’è ancora tempo per evitare una sconfitta secca. Perché questo sarebbe non riuscire a eleggere subito il secondo cittadino dello Stato. «Il centrodestra non può arrivare senza una candidatura comune», chiosava per tutti un pezzo da 90 forzista come Giorgio Mulè. Tutti sanno che è proprio così.

PERÒ, ANCORA IERI SERA, il braccio di ferro era tesissimo. A smentire l’ottimismo di FdI è stato Salvini, che ha convocato il Federale della Lega a sorpresa proprio mentre Meloni e La Russa varcavano i cancelli di villa Grande, accolti da un Berlusconi fresco di rientro al Senato dopo 9 anni, sia pur solo per accreditarsi: l’ingresso trionfale con massimo spolvero sarà quello di oggi.

Il vertice a quel punto era ancora certo, si aspettava da un momento all’altro il capo leghista. Invece Salvini, che comunque nel corso della giornata incontra Meloni, rialza la posta: «Sul Viminale e sulla presidenza del Senato non molliamo»: pessimo presagio confermato dalle conclusioni. Salvini mette nel piatto tutto: «Siamo pronti a occuparci di temi fondamentali come economia, sicurezza opere pubbliche e autonomia e sappiamo con chi farlo. Sarà un onore». Non è la linea del giorno precedente, quanto il capo della Lega pretendeva che Giorgetti all’Economia non fosse considerato in quota Lega, avendolo proposto Meloni. Ma è comunque un richiesta esorbitante, anche se il vicesegretario Crippa chiarirà subito dopo che si tratta solo «di un punto di partenza».

A VILLA GRANDE, la futura presidente incaricata si sente chiedere i ministeri della Giustizia e dello Sviluppo economico, oltre che gli Esteri per Tajani. Per Giorgia la Generosa è troppo: si accontentassero degli Esteri. Sul tavolo c’è anche il solito nome di Licia Ronzulli, pur derubricato da papabile ministra della Sanità a possibile responsabile del Turismo e dello Sport accorpati. Meloni continua a non volerla. Per il Cavaliere piegarsi vorrebbe dire accettare un veto ad personam. La partita non si chiude anche se, all’interno dello stesso partito azzurro, comincia a farsi strada di risarcire Licia la Delusa con la presidenza del gruppo al Senato.

IN TARDA SERATA, con i telefoni ribollenti, Meloni fa sapere di aspettare «serena e tranquilla» la votazione del Senato. La trattativa con la Lega sta decollando, con Giorgetti all’Economia, coadiuvato da Fratello Maurizio Leo in veste di vice, come perno dell’intesa. Con Berlusconi invece la tensione resta alta. Ma oggi i cattivi umori saranno probabilmente messi da parte perché è interesse vitale di tutti che alle 13 Liliana Segre, che presiederà la seduta in veste di senatrice più anziana, proclami secondo cittadino dello Stato l’ex missino Ignazio La Russa. Poi la partita riprenderà più accanita di prima. «C’è tempo fino al 21 e non si capirà davvero come sarà il governo prima del 18 o del 19 ottobre», sentenzia un colonnello tricolore di esperienza tanto lunga da sapere bene di cosa parla.