Forse è proprio un matrimonio che s’ha da fare. L’ipotesi di unificazione tra Russia e Bielorussia è uno di quei tormentoni che durano da anni e destinato a proseguire ancora per un po’ ma destinato, salvo catastrofi, a un lieto fine.

Ieri il quotidiano moscovita Kommersant ha pubblicato il documento sottoscritto dai primi ministri della Federazione russa e della Bielorussia Dmitry Medvedev e Sergey Rumas in una riunione del 6 settembre scorso e non reso pubblico se non per la sola parte pubblica riguardava il risarcimento di Mosca a Minsk per le perdite dovute all’inquinamento da idrocarburi del sistema Transneft).

LA RISERVATEZZA DEI CONTRAENTI aveva una motivazione più che buona: si tratta di accordi di carattere economico-istituzionale destinati a condurre alla fine del percorso alla unificazione dei due Stati entro il 2022. Secondo il quotidiano il documento firmato dai due premier aprirebbe la strada a un programma assai audace e radicale. «Si tratta di un’integrazione economica parziale a un livello non inferiore a quello nell’Unione europea e in una serie di questioni con somiglianze a quelli degli Stati confederati o addirittura federali». Il progetto sarebbe ora reso più facile dal fatto che negli ultimi anni l’economia russa si è sempre più nazionalizzata tornando ad essere assai simile a quella a forte impronta statalista della Bielorussia, definita ancora qualche tempo dall’Economist come «la Cuba d’Europa».

Si tratterebbe dell’armonizzazione dei sistemi fiscali tra i due paesi con l’adozione di un codice fiscale unico entro la primavera del 2021, mentre entro pochi mesi verrà invece abolito il roaming per le telefonate con apparecchi cellulari tra i due paesi.

A partire dal 2021 inoltre verranno combinati altri due temi della politica sovrana: quello della politica doganale (con un sistema comune di informazione e un servizio doganale comune) e quello della politica energetica. Questo probabilmente sarà uno dei nodi più difficili da sciogliere nella trattativa tra i due paesi visto che la Bielorussia ha spesso lucrato sul differenziale dei prezzi concessi dalla Russia nel passato e a cui il presidente bielorusso Alexander Lukashenko difficilmente vorrà rinunciare anche nel futuro.

Nel documento non si parla ancora di fusione del sistema bancario e di moneta unica ma a quanto afferma Kommersant «i due paesi intendono concordare l’armonizzazione delle politiche macroeconomiche, l’unificazione dei controlli valutari, l’unificazione dei sistemi di pagamento e, almeno in parte, un regime unificato di protezione degli investimenti. Anche la banca centrale russa e la banca nazionale bielorussa dovranno lavorare dal 2021 nell’ambito dell’accordo interstatale sul principi unificati di vigilanza bancaria e finanziaria».

Un altro problema sarà rappresentato dal cuneo bielorusso attraverso il quale molte aziende occidentali alimentari continuano ad aggirare le contro-sanzioni della Federazione. Per giungere all’unificazione vera e propria mancano ancora alcuni pezzi importanti del puzzle come la difesa, il sistema giuridico e costituzionale, l’ordine pubblico, l’istruzione, la sanità e le scienze.

TUTTAVIA LA DEAD-LINE potrebbe essere fissata non lontano dal 2024 anno in cui si dovrebbero tenere le presidenziali russe e che a quel punto potrebbero diventare le presidenziali della confederazione dando la possibilità a Putin di diventare presidente del nuovo «super-Stato». Non a caso le parti negli accordi del 6 settembre «hanno convenuto che potrebbero essere discusse anche altre disposizioni del trattato sullo Stato dell’Unione».

In serata dopo che l’autenticità del documento è stato confermato dal Cremlino, Lukashenko ha voluto gettare un po’ di acqua sul fuoco ricordando che «per ora si tratta solo di accordi economici» e «l’indipendenza della Bielorussia è sacra». Un modo secondo gli osservatori però solo per alzare la posta nella trattativa e accrescerne il pathos. Ma Vladimir Putin ha tracciato da tempo la sua strategia: riunificare il mondo ortodosso e slavo come base essenziale per la rinascita dell’Unione. Sicuramente non più sovietica ma sempre a trazione moscovita.