Roma rifiuta Matteo Salvini, Mario Borghezio, i loro camerati di Casa Pound e la loro nuova marcia su Roma. È importante che sia un rifiuto di massa, che dica chiaro e forte e in tanti che Roma è un’altra cosa.
Li rifiuta la memoria di «Roma città aperta», medaglia d’oro della Resistenza, la città ribelle e mai domata di Carla Capponi e Rosario Bentivegna. E li rifiuta il presente di Roma, metropoli aperta, città meticcia da millenni popolata di migranti e viaggiatori del mondo intero.

Se è mai esistita quella «Roma ladrona» di cui tuonavano in tempi non dimenticati Matteo Salvini e i suoi padrini leghisti, è la Roma che più somiglia a loro: quell’intreccio di razzismo e corruzione, fiorito soprattutto con la destra al governo della città, che attizzando xenofobia e paura dei migranti ha fatto più soldi coi Cie che con la droga. Rifiutando Salvini e i suoi accoliti, Roma dice di no anche a questa parte corrotta di se stessa.

In questo senso, il raduno di vecchi e nuovi fascisti del terzo millennio è qualcosa di più di una mobilitazione politica: è un attacco all’anima di questa città e, attraverso essa, del paese di cui è capitale.

Come la prima, anche la nuova marcia su Roma viene da Milano, e punta a invadere tutto il paese. È già passata per la Sicilia, e a Roma cerca la sanzione definitiva della sua trasformazione da separatismo sciovinista del Nord a un nuovo sciovinismo reazionario di dimensione nazionale e collegato con il peggio delle destre europee. La Roma che non vuole questa gente parla per il resto del paese e dell’Europa nelle loro espressioni più democratiche e civili.

L’esempio ce lo hanno già dato le donne di uno dei quartieri più complicati e mescolati di Roma, Torpignattara. Quando Mauro Borghezio si è presentato a megafonare i suoi slogan razzisti davanti alla Pisacane – una scuola che ha ben più del gelminiano trenta percento di bambini di origine migrante – sono state le mamme italiane e immigrate di Torpignattara a dire insieme che lì davanti non ce lo volevano e a mandarlo via.

Se a rifiutare gli xenofobi e i fascisti sono Roma della memoria e Roma del presente, quel giorno a respingerli era Roma del futuro – la Roma di quei bambini sia arabi, bengalesi, ucraini, albanesi, sia tutti quanti romani di quartiere, di borgata e di periferia – che hanno detto ai paladini delle “identità” congelate e artificiali che la nostra vera identità è un’identità molteplice, in cambiamento e in crescita. Impariamo da loro chi siamo e chi vogliamo essere, e diciamo di no al vecchio e nuovo fascismo che scende oggi a Roma.