Ci vorranno 60 giorni per avere i risultati dell’autopsia sul neonato morto nella notte tra il 7 e l’8 gennaio scorso nel reparto di ginecologia del Pertini di Roma. La mamma 29enne si è addormentata mente lo allattava, all’1.40 è stata dichiarata la morte: potrebbe essere stato soffocato dal corpo della donna senza che questa, esausta, se ne sia resa conto ma la causa si saprà solo con l’autopsia. Non si può infatti escludere, ad esempio, un collasso post natale.

LA PROCURA ha aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti, sono stati acquisiti i documenti inclusa la cartella clinica della donna. I magistrati dovranno chiarire se siano stati violati i protocolli o se vi siano state negligenze. Il bimbo era nato il 5 gennaio: 17 ore di travaglio, la mamma era stremata. Il padre al Messaggero ha denunciato: «Quando l’hanno portato via dal letto non l’hanno neanche svegliata, ha aperto gli occhi da sola e nostro figlio non c’era più. Le si erano rotte le acque alle 4 della notte, ha poi trascorso 17 ore in travaglio prima di partorire. Era sfinita, ma le hanno subito portato il piccolo per l’allattamento e hanno anche preteso che gli cambiasse il pannolino da sola. Ma non si reggeva in piedi. Lei stessa aveva implorato più volte il personale di portare il piccolo al nido per qualche ora per potere riposare. Non ce la faceva più. Ma la risposta era sempre “no, non si può”».

LA FAMIGLIA aveva dato il consenso al rooming in, un protocollo con il quale la donna si impegna a tenere il bimbo nella stanza. È stata l’infermiera di turno, entra per il controllo di routine dopo mezzanotte, a trovare il bimbo immobile nel letto. L’inchiesta dovrà accertare in che stato psicofisico si trovasse la mamma e con quale frequenza siano stati effettuati i controlli in un reparto che ha due infermiere per il nido e due per le neomamme.

L’ASL ROMA 2 ieri ha diramato una nota: «Non vi sono carenze di personale in servizio. Alle pazienti viene assicurata un’adeguata presa in carico e il rispetto dei requisiti organizzativi previsti dalla normativa. L’Azienda ha attivato un audit clinico per verificare la correttezza e l’appropriatezza delle procedure, e ha consegnato alla magistratura tutta la documentazione in possesso. Il rooming in è consolidato nel contesto nazionale e internazionale per sostenere il contatto tra neonato e mamma».

RESTA LA DOMANDA se la pratica del rooming in sia applicata nel modo corretto e se ci sia personale a sufficienza per supportarla. «Le ostetriche iscritte all’Albo sono 20.885. Nei reparti non arriviamo a tali cifre, per questo da tempo chiediamo almeno altre 20mila unità su tutto il territorio – il commento di Silvia Vaccari, presidente della Federazione nazionale Ordini professione di ostetricia -. Siamo poche, insufficienti per garantire una presa in carico di qualità della donna». A luglio i sindacati avevano denunciato che i bandi per coprire i posti da infermiere nelle Asl romane autorizzavano assunzioni solo per il 20% dei post richiesti.

FIOCCANO POI I RACCONTI sui social di neomamme che non si sono sentite accudite né credute. Eleonora de Majo: «Come tante ho avuto la sfortuna di partorire durante la pandemia ed era vietato ai parenti di poter passare la notte con la paziente neomamma. Ricordo che la prima notte, dopo un cesareo fatto alle 6 di sera, ho dovuto chiedere io al nido di non tenere Gabriel con me: avevo una flebo in un braccio e con l’altro non riuscivo a fare nulla. Dalla seconda sera in poi il piccolo doveva passare la notte con la mamma. Non importava se la ferita faceva male, se non sapessi come muovermi».

ALTRA TESTIMONIANZA: «Ho visto puericultrici che facevano smorfie se magari chiedevi aiuto nell’attaccare il bimbo al seno perché non è facile e in epoca post Covid una neomamma è lasciata praticamente sola con il suo bimbo, il suo smarrimento e la sua stanchezza. Anch’io con Lavinia in braccio sono crollata dal sonno dopo quasi 4 giorni che di notte ero sveglia per l’adrenalina. Aprii gli occhi circondata dalle infermiere e scoppiai in lacrime, mi sono sentita in colpa». E ancora: «Ore di travaglio, arrivi al dopo parto che sei sfinita ma il piccolo te lo devi tenere in stanza. Fai tre giorni senza dormire perché lo devi tenere attaccato fino allo sfinimento e arrivi a casa che hai un esaurimento».

I PROTOCOLLI posso essere giusti ma le mamma non sono prodotti in serie. Chi lavora nel settore spiega: «Una donna che partorisce a volte non ha la forza per accudire immediatamente il neonato. Nei reparti neonatali dovrebbero essere garantite una serie di azioni di supporto, la donna non dovrebbe essere lasciata sola da ostetriche e infermieri anche perché ad alcune dopo il parto gira la testa o non si sentono bene. Chi fa il giro dovrebbe valutare se l’allattamento è andato bene e, se la mamma vuole riposare, prendere il bambino e aiutarla a metterlo nella culla. Bisogna stare attenti a tutte le “doverizzazioni”: una donna non deve per forza fronteggiare da sola quella situazione perché dopo il parto c’è uno stress fisico ed emotivo molto forte e non tutte le mamme, pur volendolo fare, riescono a essere serene nell’accudimento. Bisognerebbe avere personale sufficiente più la sensibilità di capire le esigenze della donna».