La metropolitana ancora non c’era, il raccordo anulare lo stavano costruendo, nel Colosseo dormivano gli sfollati, Gregory Peck e Audrey Hepburn erano in città per girare Vacanze romane e a votare per le elezioni comunali ci andarono 938mila romani. Fu l’ultima volta che il numero di elettori nella Capitale restò sotto il milione. Domenica 17 e lunedì 18 ottobre potrebbe essere la prossima.

Il crollo dell’affluenza sembra non lasciare scampo, la tendenza è quella. Non c’è solo il calo progressivo dei votanti che dura dal debutto dell’elezione diretta del sindaco, nel 1993, quando al primo turno corsero un milione e 824mila romani. Cinque giorni fa sono stati appena 1 milione e 185mila. C’è anche l’inevitabile diminuzione di elettori tra il primo turno e il ballottaggio che in cinque precedenti ha avuto una sola eccezione, la prima. Ma allora con la nuova legge elettorale ci fu lo scontro riempi pista tra Rutelli e Fini. Poi è stata una discesa continua. Nelle due settimane che passano tra il primo e il secondo voto si è perso il 5,1% di elettori nel 2001 (Veltroni contro Tajani), il 10,5% nel 2008 (Alemanno contro Rutelli), il 7,7% nel 2013 (Marino contro Alemanno) e il 6,9% nel 2016 (Raggi contro Giachetti).

E così questa volta, tra otto giorni, se gli elettori del secondo turno dovessero scendere seguendo la linea di tendenza (come si può vedere nel grafico qui accanto) alle ore 15 di lunedì 18 ottobre la Capitale potrebbe tornare di colpo negli anni Cinquanta.

La soglia minima di affluenza è il 42,4%. Solo se il calo degli elettori romani si conterrà entro quella percentuale, senza andare oltre, i 2.359.248 potenziali elettrici ed elettori romani non si abbasseranno a meno di un milione di votanti.
Le previsioni non sono buone. L’affluenza al primo turno a Roma si è fermata al 48,83%, siamo ad appena 185mila elettori sopra il milione. L’ultima volta, 2016, tra primo e secondo turno gli astenuti sono aumentati di quasi 163mila unità. Il piano dell’affluenza è inclinato. La freddezza di Calenda e Raggi verso i primi due rimasti in ballottaggio, Michetti e Gualtieri, non spinge alla partecipazione gli elettori che al primo turno hanno scelto loro, terzo e quarta classificata.
Vedremo. Magari per un colpo di coda la soglia psicologica del milione reggerà. Ma torneremo comunque più o meno lì. A quando si faceva il bagno al fiume e le pecore, quelle che i 5 Stelle volevano arruolare come tosaerba nei giardinetti, capitava di vederle sul serio dentro le mura. Erano le elezioni del 1952, nel consiglio comunale entrò il vecchio Parri e sindaco fu ancora il democristiano Rebecchini. Ma la città era la metà di quella di oggi e così gli elettori. A votare ci andava l’85%.