Il treno dell’autonomia differenziata è ripartito. Con la norma sui LEP nella Legge di bilancio e l’approvazione dello schema di legge quadro in Consiglio dei ministri si è avviato un percorso lungo, incerto ma chiaro sulla sostanza del punto di arrivo: la disarticolazione della base istituzionale e sociale della Repubblica, coniugata all’irrigidimento autoritario del Presidenzialismo. Realizzando una controriforma della Costituzione nata dalla Resistenza, il cui senso politico reale sta nella rimozione del fondamento sul lavoro, del superamento delle disuguaglianze, della pregiudiziale antifascista. Perché vi si innesta un indirizzo di governo teso a consolidare il predominio del mercato sul pubblico, del capitale sul lavoro, della disuguaglianza tra territori e categorie sull’uguaglianza dei cittadini.

Al di là delle differenze tra la Lega autonomista e il nazionalismo di Fratelli d’Italia, la linea della controriforma costituzionale e sociale è forte perché rappresenta la prosecuzione di tendenze in atto da decenni, che il Governo in carica potrebbe portare a compimento senza scosse vistose né traumi violenti. E’ un compito difficile, al di sopra delle capacità del nuovo ceto politico di governo, al fianco del quale, tuttavia, operano le forze e le reti che quelle tendenze hanno generato e sostenuto.

L’autonomia differenziata, in particolare, sul riparto delle risorse finanziarie, sulla definizione dei Lep e dei costi standard, sull’intreccio delle procedure ha due sbocchi possibili. Il primo è il fallimento, come quello della legge sul federalismo fiscale del 2009. Il secondo è un compromesso pasticciato sull’esclusione di alcune materie in alcune Regioni, sulla definizione fittizia di Lep e costi standard, sul finanziamento di questi spostando risorse da Fondi Ue, compromesso che comunque darà il via libera agli accordi tra lo Stato e le Regioni. Ed è questa l’ipotesi più probabile, considerando l’aggancio politico col presidenzialismo, la spinta delle tendenze di cui s’è detto, l’indubbia abilità della premier nel gestire le contraddizioni della maggioranza.

La ripartenza del treno ha investito l’opinione pubblica allargando il movimento contrario, soprattutto nel Mezzogiorno, con l’obiettivo di bloccare tutto, mentre per altri l’obiettivo è di salvare la faccia e restare in partita. V’è poi l’iniziativa popolare per un Disegno di legge costituzionale di limitazione dell’autonomia differenziata a casi eccezionali e di riduzione delle materie a competenza concorrente, introducendo la supremazia della legge statale. Iniziativa con scarse possibilità di successo, comunque utile per la mobilitazione. Considerando tuttavia le spinte profonde dietro il disegno della controriforma, emerge l’opportunità di mettere in campo un disegno di riforma più ampio che investa tutte le criticità, per la piena attuazione dei principi della Carta e nell’interesse generale.

Ad una visione d’insieme occorre contrapporne un’altra. La revisione del TitoloV°, con l’affermazione della prevalenza della legge nazionale, pone la questione del Senato delle autonomie, che rappresentando appieno le Regioni metta anche il loro crisma sulle leggi nazionali, Sullo sfondo v’è la grande questione dello snaturamento del potere legislativo, affidato in sostanza al Governo che scrive i nove decimi delle leggi, Migliaia, destinate a moltiplicarsi con l’Autonomia differenziata e la conseguente dilatazione della legislazione regionale.

La frantumazione legislativa non è un problema tecnico ma di politica istituzionale, perché dipende dal rapporto tra Governo e Parlamento sulla definizione delle politiche e rinvia perciò alla riforma dell’Esecutivo. A valle resta la questione delle Autonomie locali, schiacciate dal neocentralismo regionale, con la debolezza dei Comuni, il buco nero delle Province, l’inadeguatezza delle Città metropolitane e di Roma capitale. Su tutti questi temi v’è una grande quantità di studi e materiali.

I Comitati e gli altri soggetti stanno svolgendo un ruolo fondamentale nella mobilitazione per premere sul Parlamento e far saltare le contraddizioni nella maggioranza. Ma è evidente che su questa materia occorre uno scatto delle forze politiche di opposizione, per ritrovare una capacità politica di elaborazione e di sintesi che consenta di prospettare le linee generali di una riforma vera, alternativa alla controriforma della destra.

Con questa maggioranza non vi sarebbe possibilità di farla approvare, ma se si riuscisse a fermare Autonomia e Presidenzialismo, questo stop, insieme alla crisi generale, porterebbe alla fine della legislatura. E il confronto si sposterebbe di fronte al paese.