Dopo le dimissioni di Edouard Philippe, che rientra a Le Havre dove è stato eletto sindaco, la sorpresa dello chef è la nomina a primo ministro di Jean Castex, quasi sconosciuto ai più anche se ha gestito (con successo) la fine del lockdown: 55 anni, 4 figlie, enarca, alto funzionario dalle molteplici cariche (6 e relativi stipendi), ex vice segretario generale dell’Eliseo con Sarkozy, attualmente sindaco di Prades (cittadina dei Pirenei orientali) eletto sulla lista dei Républicains. L’accoglienza non è stata cordiale, né a sinistra né a destra.

«Macron aveva bisogno di un primo ministro docile, tecnocrate e soprattutto non audace», ha commentato Eric Coquerel della France Insoumise. «La svolta sociale e ecologica sarà portata da un ex collaboratore di Sarkozy?», ironizza Génération.s. «Il giorno dopo sarà di destra come il giorno prima», aggiunge Olivier Faure, segretario Ps. Per i socialisti «la macronia completa il coming out sarkozysta».

Il segretario di Europa Ecologia, Julien Bayou, vede «la fine di una falsa suspense, a un uomo di destra succede un uomo di destra, che non abbiamo mai sentito sull’ecologia» (ma il comune dove Castex è sindaco è stato tra i primi a mettere fuori legge il glifosato). I Républicains (Lr) sono irritati per questa nuova “preda” di Macron di uno dei loro. «Svolta tecnocratica», ha liquidato il segretario Lr, Christian Jacob, precisando «evidentemente non è più membro di Lr» (difatti è uscito da Lr ieri).

PER LA DESTRA, la scelta di un tecnocrate significa che Macron vuole prendere il controllo di tutto per preparare le presidenziali del 2022: «Macron dissolve Matignon» (sede del primo ministro), afferma Eric Ciotti, mister sicurezza di Lr, secondo il quale «Castex ha solo una legittimità tecnocratica». «Il presidente vuole governare da solo dopo che Philippe non lo ha seguito nella svolta spendacciona», analizza l’Udi, formazione di centro-destra. Castex non è però la destra bling-bling in furore ai tempi di Sarkozy. «Tenuto conto delle circostanze eccezionali in cui si trova il nostro paese, ho accettato» la carica di primo ministro, ha affermato. Ben conscio delle difficoltà: Air France, Airbus, Nokia, Sanofi, Renault, sono alcuni nomi di una lunga lista di imprese che hanno annunciato tagli nel numero di dipendenti. In più, bisognerà conciliare l’ecologia con l’economia.

EDOUARD PHILIPPE ha presentato le dimissioni giovedì sera, poi accettate ufficialmente dall’Eliseo ieri mattina. Il primo ministro era più popolare di Macron (a Le Havre è stato rieletto con il 58,8%), potrà rappresentare un pericolo nel 2022, nel caso avesse mire presidenziali.

Castex è stato capo di gabinetto di Xavier Bertrand, oggi presidente della regione Haut-de-France, a cui vengono attribuite mire presidenziali. Per sbarrare la strada a una candidatura di destra, Macron sposta così definitivamente l’asse della sua politica verso destra? I sondaggi rilevano da tempo che il bacino elettorale del presidente è ormai nella destra, l’elettorato di sinistra è rimasto deluso. Anche Philippe veniva dalla destra (linea Juppé), ma alcune divergenze sono diventate sempre più evidenti negli ultimi mesi: maggior prudenza nel mettere fine al lockdown, mentre Macron ha imposto il deconfinamento l’11 maggio, ma soprattutto tensioni sulla riforma delle pensioni, che Philippe avrebbe voluto chiaramente più austera, con un innalzamento dell’età pensionabile.

PER IL GOVERNO, bisognerà aspettare qualche giorno, il tempo di verificare che non ci siano problemi nascosti e conflitti di interesse, da parte dell’Autorità per l’alta trasparenza della vita pubblica.

INTANTO, IN QUESTE ORE vengono eletti i sindaci usciti dal secondo turno delle municipali del 28 giugno. A Parigi, Anne Hidalgo ha presentato una giunta versione XXL, con 37 assessori (all’inizio del suo primo mandato, 6 anni fa, ne aveva 21). I sindaci verdi arrivano a Lione, Bordeaux, Strasburgo, Annecy, Tours, Poitiers, mentre Grenoble è confermata.

A Marsiglia è confusione: come percentuale di voti è arrivata in testa la candidata del Printemps Marseillasi, l’ecologista Michèle Rubirola, sostenuta da una coalizione della sinistra e dei collettivi cittadini, ma a causa del sistema di voto per “settori” (come gli arrondissements a Parigi), la differenza con la destra nel numero dei consiglieri è minima e nessuno schieramento ha una maggioranza chiara.