Chelsea Manning, l’ex analista dell’esercito Usa che nel 2010 aveva fornito a WikiLeaks archivi di documenti militari segreti, rivelando i crimini commessi dagli americani in Iraq, è di nuovo in galera: un giudice federale di Alessandria, Virginia, l’ha condannata per essersi rifiutata di testimoniare davanti al gran giurì che indaga sul gruppo di Assange.

La durata della pena non è determinata: «Finché non cambierà idea o finché l’inchiesta del gran giurì non sarà chiusa. Manning aveva dichiarato di non voler collaborare, anche se i procuratori le avevano promesso l’immunità in cambio della testimonianza.

Per aver divulgato segreti governativi, un tribunale militare l’aveva condannato a 35 anni di prigione, di cui ne ha scontati sette, con lunghi periodi di isolamento. La più lunga detenzione di un americano per questo tipo di reato. In uno degli ultimi giorni di presidenza Obama aveva annullato il resto della condanna e nell’aprile 2017 Manning era tornata libera.

Come donna transgender Chelsea Manning ha passato momenti molto difficili nel carcere militare maschile e nel 2016 aveva tentato il suicidio per due volte. Durante l’udienza il suo avvocato ha chiesto i domiciliari, ma il giudice ha respinto la richiesta e Manning è stata portata nell’ala femminile del centro di detenzione federale di Alessandria.