I Il gelo di Downing Street sui rubli di Abramovic. Ieri il governo britannico ha spogliato il buon “oligarca” Roman – che da oltre vent’anni munifica la tifoseria destrorsa del Chelsea con incomparabili gioie calcistiche – di buona parte del bottino valorosamente razziato negli anni col beneplacito di detto governo. Congelandoglielo, come si dice tecnicamente, per associazione di stampo putiniano.

STESSA SORTE ai risparmi del suo ex-rivale, Oleg Deripaska, e ad altri sette probiviri russi – Igor Sechin amministratore delegato di Rosneft, Andrej Kostin al timone della banca VTB, Alexei Miller, amministratore delegato di Gazprom, Nikolaj Tokare, presidente della nazionalizzata azienda di gasdotti Transneft e Dmitri Lebedev, presidente del consiglio di amministrazione della banca Rossiya. Tutti costoro veementemente colpiti dalla giustizia finanziaria imposta da Downing Street per via della ministra degli esteri, Liz Truss.
I nomi più noti di quest’augusto consesso sono senz’altro quelli di Abramovic e Deripaska. Il primo – oltre alla squadra del Chelsea nota per le vittorie e per cambiare allenatore ogni trimestre – possiede pingui pacchetti azionari nei giganti dell’acciaio Evraz e Norilsk Nickel, e i suoi averi ammontano a nove miliardi di sterline (circa undici miliardi di euro), mentre Oleg Deripaska ha il suo gruzzoletto di due/tre miliardi in titoli dell’En+ Group.

OLTRE AL CONGELAMENTO dei beni, Abramovic et al. non possono fare transazioni con cittadini e imprese britanniche, né recarsi nel paese. Mentre scriviamo, i sette mari sono solcati dai loro natanti in fuga dall’esproprio verso porti sicuri.
La mossa del governo britannico è nel novero di una sonnolenta (rispetto a Usa e Ue) manovra a tenaglia contro… se stesso, se uno tiene conto delle ingenti donazioni ricevute dai Tories da parte di questi lorsignori: anche se ufficialmente servono a colpire Vladimir Putin e i suoi interessi, ci mancherebbe. Ma l’imbarazzo sulla questione del governo e della sua prossimità con i neo-paria (e del suo agire intempestivo secondo l’opposizione: Keir Starmer ne ha fatto uno dei suoi asini di battaglia) fa il paio con le dichiarazioni roboanti di incondizionata accoglienza nei confronti dei profughi ucraini poi rovesciatesi nelle file interminabili delle famiglie traumatizzate a Calais, bloccate alla frontiera come merci in attesa di un via libera doganale post-Brexit o, peggio, come degli esseri umani non europei.

E TOCCA anche lo stesso Johnson, che sempre di più deve a questa guerra lo straziante prosieguo della sua premiership: con un altro Lebedev, Lord Evgeny – rampollo dell’ex banchiere, ex Kgb ed ex miliardario Aleksander – il Premier ha una frequentazione ultradecennale che ha portato alla contestatissima – solo ora guarda caso – recente elevazione baronale dell’anglorusso alla Camera dei Lord dopo che Johnson stesso si era premurato di mettere a tacere sconvenienti proteste circa la pericolosità spionistica di simile prebenda. Tutti echi di un passato di vomitevole, patinata connivenza tra establishment dell’ovest e le orde predatorie dell’est di cui lo stesso Johnson è collateral politico. Per la cronaca, Lebedev possiede il free press Evening Standard, l’Independent e il canale televisivo London Live. Forse il problema principale non era l’oscurata Russia Today.
Ora, tornando ad Abramovic, c’è lo scottante problema del Chelsea da lui acquisito nel 2003: talmente grave da aver indotto il Financial Times a chiederne – spassosamente – la nazionalizzazione. Li chiamano “oligarchi” con il naso arricciato, ma non sono che dei prenditori a cui ora viene tolto.