Finché si tratta di contenuti politici l’unità del centrodestra regge a ogni scossa. Quando si passa alle caselle e ai posti vacilla con un soffio. La scintilla è il caso della provincia di Trento ma il materiale incendiario è disseminato in buona parte delle Regioni che andranno al voto l’anno prossimo, e infatti l’incendio divampa veloce. «I governatori uscenti del centrodestra devono essere ricandidati tutti», tuona il vicesegretario della Lega Crippa, che di solito esprime quel che Salvini non può dire. Ma FdI è tassativa per quanto riguarda la Sardegna: «Sono venute meno le condizioni per la ricandidatura di Christian Solinas», parola della coordinatrice tricolore Zedda. Per sostituire il governatore in quota Partito sardo d’azione-Lega i tricolori hanno in mente il sindaco di Cagliari Truzzo. Spiegano la spallata con il rischio di sconfitta se l’unità Pd-M5S a sostegno della candidatura Todde reggerà. «Allora vediamo gli indici di gradimento e vediamo se davvero Solinas in Sardegna è meno popolare di Marsilio (FdI) in Abruzzo», replica Crippa.
ANCHE IN BASILICATA la riproposizione dell’azzurro Vito Bardi finisce nel calderone, con l’ipotesi del leghista Pasquale Pepe, attualmente di stanza a Roma con Salvini, al suo posto. A insidiare il governatore uscente, in realtà è anche, se non soprattutto, FdI. Tajani s’impunta: «È vincente in tutti i sondaggi. La sua candidatura non è in discussione». Dal quartier generale tricolore partono commenti anonimi ma al vetriolo: «L’altra volta ha vinto facile perché il centrosinistra era diviso. Stavolta non è detto che vada allo stesso modo». Nessun dubbio, per ora, sulla ricandidatura di Alberto Cirio in Piemonte e Donatella Tesei in Umbria, le altre due regioni in cui si vota l’anno prossimo. Ma se lo scontro dovesse proseguire e arrivare alle estreme conseguenze tutto verrebbe rimesso in discussione. A cercare di risolvere la situazione potrebbe essere in settimana un vertice dei tre leader della destra ma su una cosa FdI è tassativa: «Sono stati traditi i patti. Nemmeno si affrontano gli altri casi se prima non si torna al rispetto degli accordi a Trento».
ALL’ORIGINE DEL GUAIO c’è di certo lo sgambetto del presidente leghista rieletto a Trento, Fugatti, ai danni di FdI. Non solo ha ignorato l’accordo pre-elettorale che assegnava alla Sorella Francesca Gerosa la vicepresidenza scegliendo invece un fedelissimo come Achille Spinelli, non solo ha cassato tutte le richieste di assessorato avanzate dal partito della premier, Agricoltura, Sanità o Urbanistica, per concedere assessorati indesiderati, Casa e Trasporti: ha anche allestito uno dei più classici giochi di prestigio usati nei valzer delle poltrone. Ha fatto dimettere la leghista Giulia Zanotelli per poi farla rientrare dalla finestra come assessora all’Agricoltura però non più in quota Carroccio ma indipendente. Così è saltata fuori dal cilindro una poltrona in più del pattuito.
UFFICIALMENTE la reazione furibonda dei Tricolori è stata solo uscire dalla giunta, garantendo però l’appoggio esterno. Subito dopo però è partita la rappresaglia, con Solinas nel mirino. Ma il “tradimento” di Fugatti è probabilmente solo il casus belli. A via della Scrofa fanno altri conti: «Il centrodestra governa in 16 regioni ma solo tre presidenti di regione sono di FdI. Non ci sarebbe nulla di strano se la situazione si riequilibrasse con la Sardegna e anche con il Veneto». Nella roccaforte leghista non si voterà fino al 2025 e il popolarissimo Zaia mira al quarto mandato. Ma FdI a cambiare la legge al momento non ci pensa affatto: con Zaia di nuovo in campo il sogno di conquistare il Veneto svanirebbe.