Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, questa mattina alle 10 sarete con Fim e Uilm in presidio sotto il Mise con i lavoratori di Whirlpool, Jabil, ex Embraco, aerospazio, Ast Terni, Jindal Piombino, Bosch Bari, Stellantis, Sirti. Perché?
Abbiamo una montagna di tavoli di crisi e di vertenze bloccate da più di un mese. Non abbiamo avuto alcuna risposta. Abbiamo incontrato Giorgetti un mese fa sull’ex Ilva spiegando la situazione di interi settori – siderurgia, automotive, Tlc, aerospazio – e chiedendo di poter discutere di occupazione e politiche industriali. Da quel momento qualsiasi canale di comunicazione col Mise si è di fatto interrotto. L’atteggiamento sembra essere di chi dice: “Non è affar vostro, le decisioni le prendiamo noi”. E invece è molto un “affar nostro” perché le scelte di politiche industriali e le scelte per la salvaguardia dell’occupazione vanno di pari passo.

La segretaria generale della Fiom Francesca Re David

In realtà proprio nella stessa giornata e alla stessa ora del presidio Giorgetti ha deciso di convocarvi per discutere di ex Ilva. E intanto lo stesso ministro per la Corneliani della leghista Mantova di tavoli ne ha tenuti due…
Sì, Giorgetti non ha risposto alla nostra lettera sui tavoli di crisi – inviata anche a Orlando – e invece ha convocato il tavolo ex Ilva. Noi infatti saremo al tavolo per parlare dei problemi con il governo che non ha ancora messo le risorse stanziate secondo l’accordo tra il governo e Arcelor Mittal per entrare al 50% nella società, ma gli chiederemo di concordare un calendario di incontri per tutelare le altre crisi industriali ferme, per alcune delle quali si stava discutendo anche di soluzioni possibili.

La motivazione ufficiale è la mancata assegnazione delle deleghe tra vice e sottosegretari. Una guerra politica nella maggioranza Draghi fra Alessandra Todde (M5s) e Anna Ascani (Pd).
Di una guerra politica mi interessa fino ad un certo punto. Noi sull’Ilva abbiamo già parlato con quattro ministri diversi da Calenda in poi, su Termini Imerese in dieci anni non so quanti. A noi interessa affrontare i problemi nel merito e risolvere le crisi. Per noi l’interlocutore è il governo in carica perché non è che le crisi si congelano. C’è di certo un problema di riorganizzazione del Mise ma il problema di fondo è che i sindacati non possono essere informati solo a decisioni prese, magari per gestire esuberi, devono partecipare alle scelte.

Una buona notizia c’è. Proprio ieri è arrivata la convocazione di Stellantis per il 15 aprile.
È importante che è l’azienda ci abbia convocato; resta invece il silenzio del governo su un tavolo di settore indispensabile anche in vista del Recovery Fund per la tutela dell’occupazione, per la continuità produttiva degli stabilimenti e per l’intero settore dell’automotive che è strategico per il Paese. Su Stellantis ci aspettiamo un tavolo unitario con l’azienda che ci illustri il piano per gli stabilimenti. Le dichiarazioni sul costo industriale eccessivo in Italia e l’aumento della cassa integrazione, a partire da Melfi, ci preoccupano molto.

Nel frattempo continuate a tenere le assemblee per illustrare il rinnovo del contratto.
Sì, farebbe bene a chi si occupa di politica ascoltare ogni tanto i lavoratori in assemblea. Nonostante il Covid, le teniamo in presenza all’aperto nei piazzali della fabbriche, oppure dove ne tenevamo tre una volta ora ne facciamo otto per ridurre le presenze e ci colleghiamo con chi lavora in smart working. Sono appena stata in Veneto dove la situazione è buona nei settori che lavorano per l’export con molte aziende che fanno straordinario. Ma molte altre rischiano e con il decreto Sostegni da luglio le aziende industriali possono licenziare.

Voi avete criticato la scelta di sbloccare i licenziamenti per chi ha la cassa integrazione ordinaria. È un rischio reale?
Il principio di prolungare la cassa Covid-19 per chi non ha la cassa ordinaria può essere anche giusto, ma questo non c’entra con lo sbloccare i licenziamenti per i lavoratori dell’industria nelle imprese sopra i 15 dipendenti. Il tema, ripeto, è discutere di politiche industriali, insieme alle politiche per il lavoro, e per questo mantenere il blocco dei licenziamenti fino alla riforma degli ammortizzatori sociali che il governo ha dichiarato di prevedere per l’autunno.