Nel suo discorso sul massacro di Uvalde, Texas, dove sono stati uccisi 19 bambini e 2 adulti, Joe Biden ha chiesto nuove restrizioni sulle armi, senza però identificare delle proposte specifiche; il mese scorso aveva firmato una serie di ordini esecutivi proprio per cercare di ridurre la violenza armata, e non sembra intenzionato a farne altri.
Il risultato complessivo è quello di un presidente a cui è rimasto ben poco al di là dei discorsi, e che ha abbassato le speranze di dare una vera risposta al problema delle sparatorie. L’aria che si respira al Congressi è di rassegnazione, con la maggior parte del Gop schierato in difesa dei diritti sulle armi e i Dem che si sentono con le mani legate.
I gruppi che si battono per il controllo delle armi stanno chiedendo all’amministrazione di muoversi almeno per ampliare la definizione di «persone impegnate nel business della vendita di armi da fuoco», in quanto questo cambiamento consentirebbe al governo di perseguire chi vende armi senza licenza, e di prevenire gli acquisti all’ingrosso di armi.
Ieri un disegno di legge sul terrorismo interno, già approvato dalla Camera, è naufragato scontrandosi con il muro repubblicano al Senato, che ha definito la legge un tentativo dei Dem di politicizzare i mass shooting.

A livello nazionale ci sono due progetti di legge passati alla Camera, entrambi incentrati sul controllo dei precedenti di chi vuole acquistare un’arma: il leader della maggioranza Dem al Senato Chuck Schumer, consapevole che andando al voto al Senato anche questi disegni di legge naufragherebbero, ha detto di volere dare il tempo di negoziare un nuovo disegno bipartisan. Nel frattempo, i democratici alla Camera stanno pianificando un’altra proposta di legge che consentirebbe ai tribunali di togliere temporaneamente le armi ai soggetti ritenuti pericolosi.
Gli stati quando si tratta di leggi sulle armi restano divisi: 21 consentono di portare una pistola nascosta anche senza un porto d’armi, mentre 10 stati e Washington DC hanno limitato le armi fantasma (assemblate a mano e senza numero di serie).

In questa paralisi normativa Biden è riuscito però a firmare un altro importante ordine esecutivo. Nel secondo anniversario della morte di George Floyd per mano della polizia di Minneapolis, il presidente ha dato il via alla riforma delle forze dell’ordine federali.
L’ordine crea un database nazionale che contiene i record di cattiva condotta degli agenti federali, comprese condanne, licenziamenti, de-certificazioni, sentenze civili, dimissioni e prepensionamenti. Si richiede inoltre a tutte le forze dell’ordine di rivedere le politiche sull’uso della forza, vieta i soffocamenti e limita l’uso dei mandati senza preavviso.