In attesa del festival di Cartagine, già alla Mostra di Venezia si sono potuti vedere diversi film provenienti dai paesi arabi, primo fra tutti quello di uno dei registi più famosi, il tunisino Nouri Bouzid che proprio a Cartagine vinse il Tanit d’oro con L’Uomo di cenere e Making off. Les êpuvantails (Gli spaventapasseri) nella sezione Sconfini. È un film sulle donne tornate dal fronte della Siria, partite con l’inganno, le promesse o per lavoro e diventate oggetto di violenza da parte dei terroristi, isolate e rifiutate da tutti.

NOURI BOUZID
Il film mette al centro dell’immagine figure di donne, spesso a riempire tutto il quadro, lasciando piuttosto ai margini eventuali personaggi maschili che compaiono solo per compiere azioni violente, non solo le efferatezze dei terroristi, ma anche quelle dei familiari di ogni classe sociale.
Zina e Djo tornano nel 2013 in Tunisia dalla Siria dove sono state sequestrate e stuprate. A Zina (Nour Hajri) hanno sottratto il figlio di due mesi, Djo è rimasta incinta dopo essere stata stuprata e ha smesso di parlare, lasciando che le parole scritte su fogli ed anche sui muri rimanessero a testimoniare la sua sofferenza. Il suo libro si intitolerà Lo stupro è halal a indicare quanto è permesso dall’islam in fatto di comportamento.
Si occupano di loro la madre di Zina che accoglie anche Djo perché il fratello potrebbe ucciderla, cercando di sciogliere il loro dolore, curandole come bambine e Nadia (Afef Ben Mahmoud), un’avvocata dei diritti umani che cerca di sostenerle e che difende anche Driss, un giovane omosessuale espulso dalla scuola che con Zina costruirà un sodalizio generazionale utile a entrambi.
Nouri Bouzid racconta la storia con sottigliezza e molte sfumature oltre che precisi riferimenti a quel particolare periodo storico, con la determinazione di raccontare qualcosa che è stato occultato, dare la parola a chi si vorrebbe nascondere. Sceglie di concentrare l’attenzione su queste figure di donne di età diverse e differenti punti di riferimento, che riempiono la nostra attenzione ma spesso ci spiazzano perché tanti sono i lati oscuri della vicenda, a cominciare da quel viaggio in Siria e dei dettagli della situazione politica nel 2013 scelto come anno della vicenda. Il fidanzato di Zina gli ha promesso il matrimonio e l’ha venduta ai terroristi per soldi, una consuetudine diffusa come fonte di guadagno. E i terroristi hanno compiuto una sorta di jihad sessuale («lo stupro è la loro legge»), ma non si tratta sempre di rapimenti, alcune ragazze sono partite al fronte con la promessa di un lavoro. Gli spaventapasseri del titolo sono quelli che costruisce la madre di Zina con spago e fantasia, per venderli al mercato e per scacciare il malocchio, ma intanto riuscirà a difenderla dal padre che vorrebbe bruciarla viva in campagna legata a un palo come una strega.

ALL THIS VICTORY
Opera prima della Settimana della critica Jeedar el Sot (All This Victory) di Achmad Ghossein (Libano) ricorda i 34 giorni della seconda guerra del Libano iniziata dopo la cattura di due soldati israeliani e che provocò centinaia di morti tra i militari e bombardamenti sulle inermi popolazioni civili. Il protagonista parte da Beirut un giorno d’agosto nel 2006 alla ricerca del padre che abita in paese e mentre i rari abitanti si danno alla fuga appropriandosi della sua auto, trova rifugio nella casa dei vicini, dove arriva a trovare riparo anche una coppia che non è riuscita a fuggire. Una casa che non è mai stata colpita, dice il padrone, né nell’82, né nel ’93 e neanche nell’aprile. Ora invece i raid si fanno sempre più vicini. Viene a mancare l’elettricità e non è più possibile l’uso dei cellulari, poi l’acqua. La sensazione di pericolo diventa sempre più intensa in quel microcosmo da cui non si può uscire per via dei droni, dei cecchini, e poi degli arei e infine delle truppe di terra in ricognizione con i cani lupo che non devono accorgersi della loro presenza. Uno stato d’assedio reso ancora più drammatico dal fatto che della sorte del padre non si sa nulla e della mancanza dei semplici mezzi di sussistenza. Come in un incubo, passi di soldati alla porta e sul tetto, e sventagliate di mitra attraverso le finestre. La morte è in agguato sugli inermi, come si vede quando termina il raid e la camera percorre le strade di una città completamente devastata e sventrata.

PSICOANALISI
Di carattere più lieve la commedia tunisina delle Giornate degli Autori Un divano a Tunisi esordio di Manele Labidi che ha studiato finanza prima di fare cinema e il suo primo corto si intitola emblematicamente Une chambre à moi, ispirato a Virginia Woolf, mentre questa commedia ricorda quelle che faceva Zemmouri in Algeria intrecciando tradizione e innovazione con inaspettati effetti comici. Una giovane psicoanalista torna da Parigi per esercitare al suo paese, richiamata alle sue radici e si trova a fronteggiare con decisione gli ostacoli burocratici infiniti per avviare la sua attività e quelli che le pone la polizia. Infatti non è lecito ricevere uomini nel proprio appartamento «e si dice che li faccia anche sdraiare su un lettino». Ma lei i poliziotti sa come trattarli, il capo è anche innamorato di lei e riesce spesso a toglierla dai pasticci. E nelle sedute emergono tante problematiche non risolte soprattutto degli uomini, come erano trattate in maniera del tutto allusiva nel bel cinema tunisino di un tempo, come quello di Nacer Khemir ad esempio. Ma i tempi sono cambiati e la regista ha detto: «Volevo filmare la Tunisia post-rivoluzione dei gelsomini e, in particolare, la classe media, cioè quella parte di popolazione profondamente lacerata tra modernità e tradizione».

LA CANDIDATA
Anche The perfect Candidate di Haifaa Al- Mansour (Arabia saudita, sarà distribuito da Academy Two) ha il tono da commedia, in toni più vicini a Bollywood perché scandisce la vicenda con musica e canzoni, feste e balli e soprattutto musiche da matrimonio. Interprete è Maryam (Mila Al Zahrani), una dottoressa che opera velata, ma non si lascia certo sottomettere: ha uno scopo ben preciso, fare in modo che il comune sistemi la strada di fronte al pronto soccorso che rischia di fare altri danni ai pazienti con le buche piene d’acqua (in sala si è levato un coro di «Roma!».
Nel film tutte le situazioni di repressione nei confronti delle donne sono abilmente aggirate con pazienza e risolutezza: il paziente non vuole farsi curare da una donna? Lei lo affida a un infermiere che sbaglia diagnosi e sarà costretto a tornare da lei. Se vuole prendere l’aereo per andare a un convegno deve avere il benestare del padre o di un parente autorevole. Lei ne trova uno che è anche consigliere comunale. E in quell’ufficio si trova a compilare anche il modulo della domanda come candidata al consiglio comunale per risolvere così il problema della strada. La richiesta è accettata e lei si farà aiutare dalle sorelle, mettendo a punto una strategia ispirata alle candidature negli Usa. Il padre delle tre sorelle, colto e aperto, famoso musicista della tradizione, dà un’ulteriore occasione di sottolineare le situazioni: mentre lui è in tour con il suo gruppo, le ragazze se la caveranno benissimo anche da sole.