I raid dell’esercito israeliano in Cisgiordania vanno di città in città. Ieri è toccato di nuovo a Tulkarem e al suo campo profughi, Nur al-Shams: l’attacco è partito di notte e ha lasciato le stesse macerie di Jenin. Strade divelte, case danneggiate e sei uccisi. L’esercito israeliano è ricorso di nuovo ai droni, ormai onnipresenti nelle invasioni in Cisgiordania.

Le vittime, secondo fonti mediche locali, sono tutti giovani, dai 16 ai 29 anni. Non si tratterebbe di combattenti del battaglione nato nel campo, ma di civili: «I droni sono arrivati dall’alto, quegli uomini non avevano alcuna chance. È stato un attacco mirato a uccidere», dice in diretta su al-Jazeera da Nur al-Shams il corrispondente della tv qatariota Imran Khan.

Il campo non trova pace, appena 24 ore prima aveva subito un’altra incursione. Ne seguono scontri armati con i combattenti, nel mirino dell’esercito che – come da dichiarazioni ufficiali – lancia le e operazioni in Cisgiordania per arrestare ricercati o sospetti. Come accade spesso, l’esercito ha bloccato per circa un’ora e mezzo le ambulanze della Mezzaluna rossa, inviate a soccorrere le vittime.

Alla fine sono stati gli abitanti del campo a sfidare i cecchini sui tetti, prendere in braccio i feriti e portarli verso le ambulanze. Per sei di loro era troppo tardi. Secondo quanto denunciato da fonti dell’ospedale di Tulkarem al reporter, un soldato è entrato in un’ambulanza e ha accoltellato un uomo al collo: si troverebbe ora in terapia intensiva.

Nelle stesse ore altre città hanno subito raid simili, ma meno violenti: Betlemme, Jenin, Hebron, Tubas, con feriti e decine di arresti. Intanto, in Israele, si alza una voce contro «il permesso facile»: il vice procuratore generale avrebbe accusato il ministero della sicurezza nazionale (guidato dall’estremista di destra Itamar Ben Gvir) di consegnare il porto d’armi anche a soggetti che non potrebbero riceverlo e senza seguire uno screening appropriato.

«Danno via armi come caramelle», le parole attribuite a un funzionario anonimo dal quotidiano Haaretz. Dal 7 ottobre il ministero ha ricevuto oltre 260mila richieste di porto d’armi. Secondo lo stesso Ben Gvir, ne vengono approvate in media 3mila al giorno contro le 100 del periodo precedente.