«Vengo a Roma, anzi no». Doveva essere Beppe Grillo in persona a tentare di dipanare la matassa della crisi della sindaca Virginia Raggi. La trasferta romana del cofondatore del M5S viene annunciata in mattinata. Poi la smentita: tutto cancellato. «Se ne occuperà il direttorio», dicono dallo staff. Ma anche dall’organismo di direzione concepito da Grillo e Casaleggio ai tempi del «passo di lato» del comico genovese, non sanno come affrontare la patata bollente.

Dapprima si apprende che è già pronta una lettera con la quale si esprime totale sostegno alla sindaca. Poi il testo, come il biglietto per Roma di Grillo, finisce nel cassetto in attesa che la situazione si chiarisca. Il che conferma il dilemma: l’amministrazione romana è troppo importante per essere abbandonata al proprio destino ma non c’è concordia sulle ultime mosse. Prosegue la consegna del silenzio, almeno prima che i vertici incontrino Raggi. Qualcuno sostiene che tra Grillo e Raggi ci sarebbe stata una telefonata di fuoco. Dallo staff del sindaco giurano: «Tutto falso, nessuna comunicazione tra i due».

C’è il rapporto coi vertici nazionali, c’è quello coi parlamentari romani e quello coi consiglieri comunali. Paola Taverna e Roberta Lombardi intimano ancora una volta alla sindaca di tornare ai «principi del Movimento». Abbandonata la democrazia diretta e la trasparenza dello streaming, la speranza è che almeno si ponga un limite ai compensi dei dirigenti comunali. I consiglieri romani pongono da giorni questo stesso problema. Lo hanno detto a più riprese a «Virginia», ne parlano nei forum online e nelle chat riservate agli eletti. Tra gli attivisti circola un file contenente le retribuzioni di alcuni collaboratori della sindaca e del suo staff. Salvatore Romeo, il capo della segreteria politica della sindaca la cui retribuzione è lievitata da 40 a 120 mila euro l’anno, è costretto per la prima volta sulla difensiva: «Sono stati commessi errori, perché eravamo in ritardo, stiamo rivedendo l’intero corpo delle delibere», spiega. Interpellato sulle polemiche sul suo compenso, alla domanda se questo possa essere rivisto al ribasso risponde sarcastico: «Che possa essere rivisto verso l’alto mi sento di escluderlo».

Pietro Calabrese, vicepresidente della commissione trasporti, di primo mattino sta per inforcare la sua bicicletta per immergersi in una giornata che definisce «impegnativa ma non difficile», quasi a voler minimizzare la portata degli eventi. Raineri, Minenna e i dirigenti di Ama e Atac sono soprannominati dai grillini «i bocconiani». «Erano poco disponibili al confronto – dice Calabrese al manifesto – Ecco perché non riuscivamo a lavorare insieme, non avevano dimestichezza colle nostre modalità di lavoro». Come a dire: l’esperimento dei saggi al governo non ha funzionato. La versione di Minenna è diametralmente opposta: l’analista Consob ha rotto il silenzio diffondendo via Facebook una ricostruzione degli eventi degli ultimi giorni firmata da Sergio Rizzo del Corriere della Sera. L’articolo è introdotto da poche parole: «Per chi chiedeva i motivi delle dimissioni: buona lettura». Nel testo si sostiene la tesi del cerchio magico stretto attorno a Raggi, si parla senza mezzi termini di «guerra tra bande» e si sentenzia: «Non si ricorda un precedente simile neppure nei momenti più bui e durante le peggiori amministrazioni della città». Anche Minenna, insomma, punta il dito sul ruolo dell’ex alemanniano Raffaele Marra. Non è un caso che ieri il consigliere Enrico Stefàno abbia sentito il bisogno di precisare che difficilmente Marra, già vice di Raineri, diventerà capo di gabinetto. Chi sta vicino a Raggi sa che suonerebbe come una sfida a Grillo.

Coglie l’occasione per dire la sua, direttamente dal limbo della «sospensione» dal Movimento, Federico Pizzarotti: «Tempo fa, rilanciando l’idea di un’assemblea nazionale tra cittadini e portavoce, scrissi pubblicamente a Beppe Grillo queste testuali parole: ‘Ti chiedo: la volontà è quella di lasciare che le varie correnti del Movimento lo logorino dall’interno?’ – afferma il sindaco di Parma – Piaccia o no, lo accettiate o no, è quello che sta avvenendo».

Quel che rimane della squadra di Virginia Raggi dopo la bufera delle dimissioni a catena si è ritrovato ieri per una riunione di giunta. «Siamo determinati a lavorare per il bene della città, queste dimissioni non ci spaventano», ha detto la sindaca ai suoi assessori. «Adesso ci metteremo tutti insieme, consiglieri ed assessori, a valutare i curriculum per trovare i sostituti più adatti», spiega ancora il consigliere Calabrese ostentando serenità. In serata si stringe per la prima nomina: Manuel Fantasia, ingegnere e già dirigente di Almaviva oltre che consulente in mediazioni e conciliazioni, è il nuovo amministratore unico di Atac.