Oggi al vertice Nato di Vilnius ci sarà anche Zelensky. Il presidente ucraino parteciperà alla riunione inaugurale del Consiglio bilaterale Nato-Kiev in una due giorni che per il suo Paese ha un valore fondamentale.

I funzionari di Zelensky hanno parlato urbi et orbi per convincere gli alleati che l’unica sicurezza per l’Europa dell’est, e di rimando per gli equilibri geopolitici della Nato, è l’ingresso dell’Ucraina nel patto atlantico. Negli ultimi giorni dal consigliere per la sicurezza nazionale Danilov, al ministro della difesa Reznikov, passando per tutte le voci influenti della cerchia presidenziale, il messaggio è stato uno: «Non fatevi sfuggire quest’occasione di mettere la Russia sotto scacco». Qualcuno ha anche condito il monito con delle critiche all’eccessiva prudenza dei Paesi occidentali.

«A Bucarest nel 2008 (il summit in cui si doveva decidere dell’ingresso o meno di Ucraina e Georgia nella Nato, ndr) si perse un’occasione e sappiamo com’è andata a finire, ora i russi sono alle porte d’Europa» aveva detto Anton Gerashchenko, consigliere del ministero degli interni. Più diretto il ministro degli esteri Dmytro Kuleba: «Non ripetete l’errore che la cancelliera Merkel ha commesso a Bucarest nel 2008, quando si è ferocemente opposta a qualsiasi progresso verso l’adesione dell’Ucraina alla Nato». Kuleba aveva poi aggiunto soddisfazione per la decisione degli alleati di «rimuovere il Map (Piano d’azione per l’adesione, ndr) dal percorso di adesione dell’Ucraina» ma è stato smentito quasi subito. Jens Stoltenberg, il segretario generale dell’Alleanza ha infatti spiegato che «le consultazioni» sulla rimozione del Map per l’Ucraina «sono in corso» e «non c’è ancora una decisione finale presa». Gli analisti sottolineano che l’amministrazione statunitense ha compreso i malumori all’interno dell’Alleanza per le continue fughe in avanti di Washington (soprattutto dopo la decisione di inviare le bombe a grappolo) e non vuole creare spaccature in un momento così delicato.

D’altronde, Zelensky e i suoi sanno benissimo che non c’è nessuno tra i Paesi leader della Nato a voler rischiare lo scoppio della terza guerra mondiale per accogliere l’Ucraina in seno all’Alleanza. È logico credere che si tratti di una strategia, dunque. Si chiede tutto per ottenere qualcosa, in una trattativa in cui comunque vada non si può perdere. Perché al momento la Nato assolve già alla funzione di fornitore di armamenti per l’esercito ucraino, i suoi istruttori hanno già addestrato circa 70 mila soldati impegnati attualmente nella controffensiva, armi e mezzi sfrecciano e colpiscono da un fronte all’altro in tutto il Paese. E, anche se spesso ciò passa in secondo piano, i soldi occidentali tengono lo stato ucraino in vita.

Cosa accadrebbe, invece, con Kiev nella Nato nel prossimo futuro? C’è lo spettro dell’Articolo 5, quello che considera un attacco armato contro un Paese membro un attacco a tutta l’Alleanza, c’è la chiusura dei cieli mediante i cacciabombardieri, ci sono gli «anfibi sul terreno» ovvero le truppe estere schierate al fronte. Kiev vuole vincere la guerra, è logico, e quale garanzia migliore di avere alle spalle l’esercito più potente del mondo? Ma dall’altra parte c’è la seconda potenza nucleare del pianeta, che non vuole perdere la guerra. Il che è altrettanto logico, anche se la decisione di invadere è venuta dal Cremlino.

Le due aspirazioni sono, al momento, inconciliabili ma la Nato non può prendersi la responsabilità di separarle per sempre.