A rimettere piede sulla Luna nel 2024, non sarà un uomo ma una donna. È questo uno dei contenuti principali del piano “Artemis” divulgato ieri dalla Nasa: una serie di missioni che dovrebbero riportare un essere umano (anzi due, perché ci sarà anche un uomo) sulla superficie lunare per la prima volta dopo la missione Apollo 17 del 1972. Il ritorno sulla Luna era già nei piani dell’agenzia ed era stato pianificato per il 2028. A dimezzare i tempi trasformando il progetto in un piano disperato è stata l’amministrazione Trump.

IL PROGETTO vedrà la collaborazione di partner internazionali e commerciali, soprattutto per quanto riguarda la stazione Gateway. Le agenzie spaziali di Europa, Giappone e Canada sono già coinvolte nella realizzazione di alcuni moduli. L’agenzia russa Roscosmos ha «espresso interesse», mentre di quella cinese non si fa menzione nel documento Nasa.

Secondo il documento pubblicato, fino al 2023 la Nasa lavorerà ai lanci di test per il sistema di lancio Sls, la navetta Orion, la stazione Gateway che orbiterà intorno alla Luna e che fungerà da avamposto per gli astronauti diretti al nostro satellite. L’allunaggio vero e proprio è previsto per la missione Artemis III, e vedrà protagonista per la prima volta una donna. Oltre all’esplorazione della Luna per comprenderne l’evoluzione geologica, il ritorno ha un obiettivo ambiziosissimo: insediare un vero e proprio “campo base” sulla superficie lunare che permetterà soggiorni prolungati. Missione dopo missione, gli astronauti porteranno sulla Luna un modulo abitabile, veicoli, generatori di energia e infrastrutture per lo sfruttamento delle risorse disponibili sul posto.

Quali risorse, ancora non è chiaro. Nel 2018, gli scienziati della Nasa hanno ottenuto prove convincenti dell’esistenza di depositi di ghiaccio nei dintorni del Polo Sud lunare, nella regione perennemente nascosta alla luce solare. Oltre all’acqua, il suolo lunare potrebbe offrire altre risorse utili. Grazie allo sviluppo di nuovi processi chimici e termici, potremmo essere in grado di «estrarre minerali e composti presenti naturalmente sulla Luna e convertirli in materiali di consumo umano, o addirittura in propellenti», scrive la Nasa nel progetto. «Altre applicazioni a lungo termine potrebbero condurre al trattamento extraterrestre dei metalli e alla costruzione di ambienti e altre strutture sulla superficie lunare basate sulle risorse trovate sulla Luna».

L’OBIETTIVO FINALE è trasformare in merce anche le risorse minerarie del satellite. Sulla carta, l’appropriazione della Luna da parte degli stati è limitata dal diritto internazionale. «Lo spazio, inclusa la Luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto ad appropriazione da parte delle nazioni attraverso dichiarazioni di sovranità, sistemi di sfruttamento o occupazione, o qualunque altro mezzo», recita infatti l’articolo 2 del “Trattato sullo Spazio” stipulato nel 1967 e a cui aderiscono oggi 133 paesi. Malgrado ciò, la Nasa intende sviluppare protocolli innovativi per l’estrazione, il recupero e la vendita di materiali di provenienza lunare. L’intento è chiaramente stabilito nel testo del progetto Artemide: «Stabilire un precedente decisivo a prova del fatto che le risorse lunari possono essere estratte e acquistate dal settore privato in accordo con l’articolo 2 e altre prescrizioni del Trattato sullo Spazio».

LA NASA HA SEMPRE collaborato con imprese private nell’esplorazione spaziale: colossi privati dell’aeronautica come Boeing e Lokheed Martin collaborano da sempre con l’agenzia, come con tutto l’apparato militare statunitense. Per la prima volta, al progetto Artemis saranno ammesse anche imprese nate nell’era Internet, finora più interessare a controllare le reti terrestri che a esplorare lo spazio. Per la realizzazione del modulo di allunaggio, infatti, competeranno anche la SpaceX di Elon Musk e la Blue Origin di Jeff Bezos (già patron di Amazon). Inoltre, sarà la SpaceX a occuparsi dei primi rifornimenti di acqua, viveri e strumenti alla stazione Gateway.

Sul progetto Artemis punta fortemente l’amministrazione Trump. L’idea di tornare sulla Luna era già presente nei piani Nasa, ma è su impulso del vicepresidente Mike Pence che l’obiettivo è stato anticipato di ben quattro anni rispetto alla originale scadenza del 2028. Mentre le agenzie che si occupano di sanità e che hanno dovuto fronteggiare la pandemia hanno visto i propri finanziamenti decurtati da Trump, il budget a disposizione della Nasa è stato aumentato a 22 miliardi dollari. E per finanziare il ritorno sulla Luna il presidente della Nasa Joe Bridenstine è disposto a rinunciare a altri obiettivi, come il telescopio spaziale Wfirst e i programmi dedicati alla promozione delle discipline scientifiche nelle scuole statunitensi.

NONOSTANTE i finanziamenti, realizzare il piano Artemis nei tempi stabiliti sarà un’impresa terribilmente complicata. Il lanciatore Sls e la navetta Orion sono ancora in fase di sviluppo; la stazione Gateway deve essere ancora realizzata. Per il modulo di allunaggio manca ancora un progetto. Dato che su questi veicoli spaziali dovrà viaggiare un equipaggio umano, i test di sicurezza richiederanno tempo e risorse. Ma è impossibile non notare che il quadriennio 2020-2024 coinciderebbe con l’eventuale secondo mandato di Trump. Come per il vaccino anti-Covid, il vero obiettivo è vendere agli americani un’altra illusione che li spinga a rivotarlo.