«Quello che ricordo di quella notte è che non vorrei ricordare proprio niente». Pietro Bartolo ha ancora ben vivo negli occhi l’orrore del naufragio di Lampedusa che costò la vita a 368 migranti, quasi tutti eritrei. Nei 30 anni passati come medico al poliambulatorio dell’isola siciliana (cominciò nel 1988) ha visitato e curato decine di migliaia di migranti. Era lì anche il 3 ottobre del 2013, quando un barcone con oltre 500 uomini, donne e bambini prese fuoco e si rovesciò a pochi metri dal porto. «So già che domani (oggi, ndr) sarà una giornata terribile», dice da Bruxelles dove da quattro mesi è vicepresidente della commissione Libe. «Stanotte ho già sognato il primo bambino che vidi morto».

Chi l’avvertì di quanto era accaduto?

Le prime chiamate sono delle cinque del mattino, ma i superstiti sono arrivati verso le otto. Io non stavo bene, un mese prima avevo avuto un ictus ed ero mezzo paralizzato ma ero là perché durante la notte c’erano stati altri sbarchi. Quindi quando la capitaneria di porto mi chiamò per avvertirmi del naufragio ero già sul molo. Una mezzora dopo è arrivata la prima barca di lampedusani che avevano salvato 49 persone. Fiorino e Grazia portavano in giro i turisti con la loro barca e avevano fatto la nottata. Verso mattina avevano sentito le grida di aiuto e quando sono arrivati sul posto sono rimasti traumatizzati da quanto hanno visto. La ragazza piangeva disperata perché non avevano potuto salvarne di più. Ho visitato i primi superstiti, erano tutti sporchi di gasolio perché quando il barcone si è rovesciato ha versato in mare tutto quello che c’era nei serbatoi. Dopo un’altra mezzora è arrivato Domenico con il suo peschereccio. Lui era riuscito a prendere 17 ragazzi vivi e anche dei cadaveri. I vigili del fuoco li avevano messi nei sacchi e lì c’è stato un miracolo.

Perché?

Ho preso il polso di una ragazza per confermarne la morte e invece mi è sembrato di sentire un battito, poi un altro. Siamo corsi al poliambulatorio dove l’abbiamo intubata e fatto di tutto per salvarla. Quella ragazza che già era dentro il sacco alla fine ce l’ha fatta e oggi vive in Svezia.

Ebbe subito la percezione della gravità di quanto era accaduto?

La capitaneria mi aveva avvertito, ma io non pensavo che ci sarebbero stati tanti morti. Quando sono tornato sulla banchina ho trovato 111 sacchi. Stavo così male che ho vomitato, ho pianto. Dovevo fare le ispezioni cadaveriche, quindi dovevo aprire i sacchi e avevo paura di cosa avrei trovato dentro: un bambino, una donna. Sono esperienze che ti cambiano la vita, cominci a farti delle domande Una cosa che mi ha impressionato è che dentro quei sacchi c’erano tanti bambini vestiti a festa. Le mamme li avevano preparati perché erano arrivati in Europa, si trovavano solo a 300 metri del porto, 300 metri capisce? Avevano le treccine, le scarpette, pronti per fra vedere che erano bambini come tutti gli altri, come i nostri.

In questi anni sono stati tantissimi i naufragi e spesso si è discusso sull’opportunità o meno di mostrare i corpi di chi è morto affogato. Lei cosa pensa?

Quei corpi vanno fatti vedere, così come vanno mostrate le torture, le sofferenze, le bruciature, le frustate. Queste cose si devono sapere, si deve sapere cosa subiscono i migranti in Libia perché tutti possano conoscere la verità. Le persone non devono pensare che chi scappa è un terrorista o una persona malata o che viene da noi per rubare il lavoro. Tutta questa propaganda mendace e distorta ha creato solo paura. Bugie che hanno ingannato gli italiani. Chiudiamo le nostre frontiere in nome della sicurezza, ma alla sicurezza di queste persone chi ci pensa?

Quella di Lampedusa fu davvero una tragedia europea?

Quella tragedia è avvenuta a Lampedusa, la porta dell’Europa, tutti abbiamo la responsabilità di quanto accaduto e tutti dovremo fare i conti con la storia.

Tra pochi giorni a Lussemburgo ci sarà il vertice dei ministri dell’Interno dove verrà discusso l’accordo siglato a Malta. Cosa pensa dell’intesa raggiunta?

Diciamo che è un piccolo passo in avanti perché quattro Paesi, Italia, Malta, Germania e Francia, si sono messi insieme e hanno cercato di affrontare il fenomeno migratorio con la speranza di allargare adesso l’accordo a tutti gli Stati membri, come è giusto che sia. Ovviamente ci sono anche cose che non condivido, come il fatto che si continua a gettare sospetti sulle ong, che invece salvando le persone in mare hanno colmato un vuoto lasciato dall’Italia e dall’Europa. Ma anche il voler ribadire la collaborazione con la Guardia costiera libica quando sappiamo tutti cosa accade ai migranti che vengono presi da quelle motovedette.