Più di seimila solo in Italia, addirittura 30 mila in Francia e altre decine e decine di migliaia sono sparsi nel resto d’Europa. Sono i minori migranti, bambini e adolescenti arrivati da soli nel nostro continente e che, una volta divenuti maggiorenni, escono dal sistema di accoglienza che ha garantito loro protezione fino a quel momento per ritrovarsi ancora una volta da soli. E con loro quanti l’Europa non sono neanche riusciti a vederla: «Basti pensare a quanto successo negli ultimi mesi nei Balcani e al confine orientale italiano, dove molti minorenni soli sono stati respinti dalla polizia di frontiera e costretti a un viaggio a ritroso verso la Bosnia», denuncia un rapporto presentato ieri da Oxfam, Greek Council for Refugees, Dutch Council for refugees e Acli Francia. «A quanto avviene sulle isole greche, dove centinaia di minori senza famiglia sono bloccati da mesi in campi profughi senza accesso a servizi e istruzione. E non ultima, alla situazione delle nostre coste, dove, negli ultimi 5 mesi sono sbarcati oltre 2.600 ragazzi soli».

Compiere 18 anni, per molti ragazzi non è un momento di gioia per la maturità raggiunta, ma diventa un motivo di ansia, come testimoniano le parole di A., 20 anni, fuggito dall’Eritrea e oggi residente in Olanda: «Entrare nell’età adulta non è per noi una transizione ma la fine di tutto il sistema di supporto e protezione su cui possiamo fare affidamento».

SENZA RETE DI PROTEZIONE
Dal report emerge chiaramente che nessuno dei 5 paesi presi in esame – Francia, Grecia, Paesi Bassi, Irlanda e Italia – ha adottato politiche sistemiche in grado di sostenere i giovani migranti nel loro percorso di integrazione. «Uno dei capisaldi della legislazione europea è la protezione dei minori a prescindere dal loro status legale, grazie al quale si garantisce una difesa dal rischio di sfruttamento, abusi, abbandono – spiega Giulia Capitani, policy advisor di Oxfam Italia su migrazione e asilo -. Diventare maggiorenni non vuol dire che questi rischi scompaiano dall’oggi al domani. A sparire improvvisamente è ogni forma di protezione, con ragazzi che rischiano in molti casi di ritrovarsi per strada senza nessuno a cui rivolgersi».

La norma prevede che i minori rifugiati arrivati in Europa siano ospitati in strutture adeguate e affidati a tutori per tutte le questioni amministrative e legali. L’accesso a strutture di accoglienza per i neo-maggiorenni varia però da paese a paese: in Irlanda vengono trasferiti in alloggi per adulti caratterizzati da standard molto bassi, in Grecia possono finire in uno dei campi profughi o per strada, in Italia ci sono diverse opzioni ma anche il rischio, più che concreto, di essere messi semplicemente alla porta.

PRIGIONIERI DELLA BUROCRAZIA
Altro muro da affrontare è la burocrazia labirintica in cui questi ragazzi sono costretti a muoversi. Questo sembra valere un po’ ovunque nei paesi considerati, ma è l’Italia a meritare un’analisi a sé stante, proprio a partire a dalla sfida che un diciottenne migrante deve affrontare per ottenere il permesso di soggiorno.

Una delle difficoltà più serie per i ragazzi neomaggiorenni in Italia, riguarda l’ottenimento di un permesso di soggiorno: a 18 anni – ricorda il report – il diritto di non essere espulsi decade ed è necessario ottenere un documento che garantisca il diritto a restare. Chi ha fatto richiesta di asilo e diventa maggiorenne mentre è ancora in attesa dell’esito può trovarsi in enorme difficoltà, qualora la sua domanda venga rigettata. A quel punto è infatti preclusa la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno di altro tipo, ad esempio per studio o lavoro, e il rischio di cadere nell’irregolarità è altissimo. Anche per chi ha ottenuto un permesso di soggiorno per minore età, la strada è tutt’altro che in discesa. Diventati maggiorenni, i titolari di questo permesso di soggiorno devono dimostrare il possesso di specifici requisiti per ottenerne la modifica, cioè la conversione in permesso per studio, lavoro o attesa occupazione, e poter quindi restare in Italia regolarmente.

OSTACOLI PER LAVORO E CASA
Trovare lavoro è infatti complesso per questi giovani, che appena arrivati in Italia devono concentrarsi sull’apprendimento della lingua, e che spesso quindi ritardano l’inizio di percorsi formativi o tirocini che sono, di fatto, l’unico canale per poter essere assunti. La ricerca di una casa è un altro grande problema. Sembrano funzionare le esperienze di «semi-autonomia», dove ragazzi neomaggiorenni vivono insieme con il sostegno di un peer educator, ma negli altri casi perdere il diritto all’accoglienza è fonte d’ansia, visto anche il carattere fortemente discriminatorio del mercato immobiliare e la necessità di pagarsi un affitto a fronte di lavori spesso saltuari.

L’APPELLO ALL’ITALIA E ALLA UE
«Al governo italiano chiediamo di affrontare in modo più organico il passaggio dei minori non accompagnati all’età adulta, garantendo il coordinamento di tutti gli attori coinvolti. – conclude Capitani – E di promuovere in particolare il ruolo dei tutori volontari, previsto dalla Legge Zampa, e dei tutori sociali dopo il compimento della maggiore età. All’Europa, di spingere gli Stati Membri verso politiche strutturate e di mettere a disposizione più fondi per l’integrazione».