L’atteso incontro tra il segretario di Stato Usa Rex Tillerson e il suo omologo russo Sergey Lavrov a Mosca è durato oltre cinque ore e ha avuto una imprevista coda al Cremlino dove i due ministri degli Esteri hanno colloquiato con il presidente Vladimir Putin.

Segnali di quanto sia difficile il dialogo e di quanto siano lontane oggi le posizioni tra i due Stati. Pessimismo confermato anche dall’andamento del mercato azionario russo che ha visto calare l’indice MICEX sotto i 1950 punti, il livello più basso dall’inizio dell’anno.

A PARLARE ALLA STAMPA per primo, in serata, è Lavrov: Mosca e Washington hanno «il comune interesse ad una soluzione pacifica di un crisi complessa, siamo d’accordo a promuovere negoziati che portino la pace», ha detto il ministro. Passando, aggiunge, per un’inchiesta Onu sul raid del 4 aprile nella città siriana di Khan Sheikun, visto «il disaccordo sull’uso di armi chimiche».

Tillerson apre ad un miglioramento dei rapporti («mai ad un livello così basso»), ma insiste: Assad non può governare la Siria, ha detto in conferenza stampa, la sua rimozione deve avvenire in modo strutturato e organizzato.

Secondo le indiscrezioni raccolte da Ria Novosti, infatti, durante i colloqui Tillerson avrebbe assunto una posizione meno netta rispetto alla richiesta più volte rivolta ai russi negli ultimi giorni dal presidente Trump di rompere definitivamente con Assad.

Lavrov, e successivamente Putin nell’incontro serale a tre, avrebbero comunque intimato agli Usa «di non ripetere attacchi contro la Siria» per evitare conseguenze difficilmente immaginabili.

AL PALAZZO DI VETRO, nelle stesse ore, i toni si facevano invece molto più accesi: la Russia in serara, dopo una giornata carica di tensioni, ha opposto il veto sulla nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chiedeva alla Siria di collaborare con l’Onu alle indagini. Mosca ha chiarito di non voler abbandonare Damasco, bloccando di fatto un nuovo voto.

UN ALTRO CAPITOLO dell’incontro tra i due alti diplomatici è stata la questione ucraina. Tillerson avrebbe ripetuto che gli Usa non sono interessati a far rientrare la crisi ucraina all’interno di una trattativa globale: la crisi del Donbass deve essere risolta all’interno degli accordi di Minsk, con Mosca che dovrebbe al più presto restituire la Crimea agli ucraini. Proposta, questa, che a Mosca hanno già più volte affermato di considerare «irricevibile».

Lavrov avrebbe anche anche ammonito gli Usa a non cercare ulteriori avventure nella penisola coreana senza il consenso di comunità internazionale e governo cinese.

L’incontro tra Tillerson e Lavrov era stato in mattinata anticipato da una raffica di dichiarazioni che non presagivano a nulla di buono. Putin aveva registrato un’intervista esclusiva per la tv Mir, andata in onda alle 18 italiane, in cui ha affermato che il livello di fiducia tra Usa e Russia «soprattutto a livello militare non è migliorato, anzi è degradato».

PAROLE CHE SUONANO come un richiamo nostalgico ai rapporti con Obama che Putin definì a suo tempo «duri ma all’insegna del rispetto reciproco».

Nel corso dell’intervista Putin si è mostrato particolarmente preoccupato della situazione in Afghanistan che potrebbe minacciare da vicino la Russia, per la diffusione del terrorismo in Asia Centrale: «In Tagikistan è tornata a operare la nostra base militare 201 che è un elemento di stabilizzazione nella regione. Ma malgrado il pericolo maggiore in termini di terrorismo venga dall’Afghanistan, molti Stati in un modo o in un altro mantengono contatti con i talebani».

«NON MENO DI 20MILA stranieri combattono nelle file dell’Isis e in altre organizzazioni radicali in Siria di cui circa 9mila provengono dai paesi della Csi. Poco meno della metà arriverebbero dalla Russia e circa 5mila dai paesi dell’Asia Centrale». Una dinamica che potrebbe avere degli effetti incontrollabili all’interno dei confini russi e di cui Putin sembra essere ben cosciente.

PUTIN SI È GUARDATO comunque dall’intervenire direttamente sui temi che sarebbero stati discussi nell’incontro Tillerson-Lavrov. L’incontro dei due ministri degli Esteri è stato anticipato da un rapido incontro con la stampa in cui si è assistito a un salace scambio di battute tra Lavrov e gli aggressivi giornalisti americani che ha fatto dire a Marya Zacharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo: «Era da tempi immemori che i giornalisti non trasformavano un incontro di lavoro in un bazar».

A QUELL’ORA LE PAROLE di Trump che aveva paragonato Assad a un «animale» e Putin ad un «sostenitore del diavolo» erano già state battute da tutte le agenzie e non rappresentavano certo un buon viatico né per la riunione né per il buon nome dei bazar.

Lavrov ha comunque esortato gli Stati uniti a non mettere la Russia di fronte a «una falsa scelta: con noi o contro di noi», confermando indirettamente la volontà russa di restare legati al regime siriano. Posizione ribadita anche dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov, che ha definito «miopi» i tentativi di separare Mosca da Damasco.

Tillerson, si è augurato di «avere un dialogo aperto e franco con Lavrov» e ha aggiunto che spetta ai diplomatici «fare il possibile per indirizzare le relazioni tra i due paesi in una direzione positiva».

In serata Zacharova è tornata con durezza sui rapporti russo-americani denunciando ripetuti attacchi hacker contro il Ministero degli Esteri russo provenienti da server «con indirizzi registrati negli Usa» e consigliando «agli amici americani» di usare il proprio tempo a «fini pacifici».