È un Vladimir Putin loquace e positivo quello che va in scena al Forum economico orientale di Vladivostok. Nel tentativo di dare agli ospiti l’immagine più rassicurante possibile sulla situazione socio-economica del gigante eurasiatico, il presidente russo non si è risparmiato sugli argomenti imbeccati dal moderatore. Tanti i temi trattati nel discorso introduttivo della kermesse che avrà come ospite più atteso il leader nordcoreano Kim Jong-un, arrivato ieri mattina nella «capitale orientale» della Federazione russa.

L’IMPRESSIONE è davvero che il capo di stato non aspettasse altro. Un summit internazionale nel quale tornare a ribadire le proprie posizioni e, soprattutto, occupare il posto di primo piano che l’Occidente sta negando a Mosca. Al centro, ovviamente l’Ucraina e le conseguenze della guerra. Secondo il presidente russo Kiev avrebbe perso oltre 71.500 soldati dall’inizio della controffensiva (quindi negli ultimi 3 mesi), la quale non ha portato a «nessun risultato». Inoltre, Putin ha ripreso la tesi di diversi analisti militari occidentali secondo la quale i vertici della Nato (che il leader russo chiama con spregio, i «burattinai del regime di Kiev») stanno spingendo l’Ucraina a tentare di riconquistare la maggior porzione di territorio occupato possibile per poi «cominciare i negoziati». Dato che lunedì il Segretario di stato Usa, Antony Blinken, aveva dichiarato che secondo le informazioni statunitensi «Kiev era pronta a trattare di fronte a una proposta seria da parte di Mosca», Putin ieri non si è lasciato sfuggire il gancio e ha rilanciato: «Se gli Usa pensano che Kiev sia pronta per le trattative, devono far sì che venga revocato il decreto del presidente Volodymyr Zelensky che proibisce colloqui con Mosca». Ma il botta e risposta con il presentatore tv che proponeva le domande, ha trattato la guerra quasi come se si trattasse di un argomento obbligato e non il più importante. Non dimentichiamo che si trattava pur sempre di un forum economico e che l’importante era trasmettere ai potenziali investitori stranieri e agli alleati stabilità.

IL FORUM economico orientale, infatti, nasce nel 2015 proprio per avvicinare nuovi partner alla Russia, in risposta alle prime sanzioni decise da Usa e Ue come conseguenza dell’annessione della Crimea e del coinvolgimento del Cremlino nella guerra civile in Donbass. Quest’anno l’incontro assume un valore peculiare dato l’isolamento ancora maggiore del Paese rispetto agli storici alleati europei e, soprattutto, in virtù delle sanzioni economiche e dell’esclusione delle banche russe dal sistema Swift.
Sul fronte interno Putin ha assicurato che non ci saranno nuove ondate di reclutamento. «Negli ultimi 6-7 mesi, 270.000 uomini si sono arruolati volontariamente con un contratto nelle forze armate russe, e tuttora ogni giorno se ne aggiungono tra i 1.000 e i 1.500». Dunque il rischio di nuovi disordini sociale sarebbe scongiurato. Inoltre, il presidente ha rassicurato la platea sulla stabilità dell’economia russa e, nonostante il continuo crollo del Rublo, ha dichiarato che non intende introdurre nuove tasse. Insomma, una Russia resiliente che non crolla sotto il peso delle sanzioni. Per ora le analisi economiche occidentali affermano il contrario, ma staremo a vedere.

Il presidente ha anche ribadito che «negli ultimi anni le relazioni tra Russia e Cina hanno raggiunto un livello storico assolutamente senza precedenti» e ha biasimato gli Usa per la «campagna di persecuzione politica contro Donald Trump». Ad ogni modo, ha poi ammesso, «non ci saranno cambiamenti fondamentali nella politica degli Stati uniti verso la Russia», neanche con un candidato repubblicano alla Casa bianca. Degno di nota il passaggio sul passato dell’Urss. Putin ha nuovamente riconosciuto che i carri armati a Budapest nel ’56 e a Praga nel ’68 «furono un errore che ha portato solo all’escalation delle tensioni».