Da due anni hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica nel loro territorio, investendo milioni di euro per la conversione delle pratiche più inquinanti, dal settore dei trasporti al campo dell’energia.

Eppure, nonostante gli sforzi, la svolta ecologica è tutt’altro che avviata e sempre sotto scacco della politica del cemento e dei combustibili fossili. E così gli ambientalisti protestano contro le «piccole misure» perfette per i titoli dei giornali ma poco utili per azzerare davvero le emissioni di CO2.

Breve report dai comuni tedeschi in prima fila nella lotta al riscaldamento globale, tra grandi fallimenti e piccoli successi: dalla meridionale Costanza (il primo municipio ad attivarsi) alla settentrionale Kiel, passando per Marburgo e Magonza.

«Continuiamo ad andare nella direzione sbagliata. Per questo dal 6 agosto abbiamo piantato le tende del nostro campo di protesta nel giardino della città» scandiscono gli attivisti del Fridays for Future di Costanza.

Come è possibile nel comune capofila della conversione ecologica dove l’energia solare è obbligatoria negli edifici pubblici e i bus sono a impatto zero? Semplice: «I 600 alberi finanziati dal Comune sono stati piantati principalmente su terreni privati e bastano giusto a compensare le emissioni di CO2 di una persona. Mentre c’è un piano per costruire un nuovo gasdotto da 20 milioni di euro fino a Costanza e la costruzione di nuovi parcheggi moltiplicherà le auto sul Bodensee». Fine dei roboanti slogan ecologici approvati dal Consiglio comunale nel febbraio 2019 e inizio delle proteste per il tradimento delle promesse scritte nero su bianco su carta intestata.

Un po’ come a Magonza: dopo la dichiarazione di emergenza climatica «si sperava venissero ampliate le piste ciclabili e la rete tranviaria, e invece non si vede ancora niente» denuncia il Fridays for Future.

E insieme agli impegni disattesi pesano anche gli strettissimi margini di azione dei municipi volenterosi ma lasciati soli dai governi centrale e locale. Sintomatico l’esempio di Kalbe, cittadina di 7.580 abitanti in Sassonia-Anhalt, ben riassunto dal sindaco Karsten Ruth. Due anni fa aveva interpretato lo stato di emergenza climatica soprattutto come richiesta di aiuto «Stiamo raggiungendo i limiti del fattibile, cioè delle misure che una piccola città può adottare. Noi avvertiamo chiaramente l’emergenza ma l’esecutivo federale e il Land devono cominciare a supportare i nostri enormi sforzi» spiega il borgomastro dalle colonne del mensile Behörden Spiegel.

In ogni caso le dichiarazioni di emergenza hanno smosso le acque in modo impensabile anche solo un lustro fa. A Marburgo sono stati investiti oltre 130 milioni di euro per elettrificare il parco auto e riconvertire tutti i vecchi edifici entro nove anni. Mentre il sindaco di Kiel, Ulf Kämpfer, fa sapere che nella capitale dello Schleswig-Holstein è in atto «il ripensamento ecologico in tutti i settori» con 100 milioni di euro investiti nelle piste ciclabili, l’aumento dei bus pubblici e le norme per disincentivare i parcheggi a lungo termine, oltre alla sostituzione dell’illuminazione stradale dalle lampadine ai led.

Ciò nonostante le dichiarazioni di emergenza climatica restano «un impegno volontario non vincolante sotto il profilo giuridico», precisa Markus Groth, ricercatore del Centro per l’impatto climatico di Potsdam. «Anche se le risoluzioni rappresentano comunque un buon punto di partenza per definire il percorso dei comuni verso la neutralità delle emissioni». Il problema, però, rimane il tempo a disposizione: come certifica l’ultimo rapporto Ipcc senza interventi drastici a breve verrà raggiunto il punto di non ritorno.