Una corsetta intorno alla piazza del Campidoglio, inseguiti da giornalisti, fotografi e dai tanti parenti venuti a festeggiarli. Così Francisco Villarusso e Luca De Sario hanno espresso la loro gioia, appena usciti dalla Sala Rossa dove la sindaca di Roma, Virginia Raggi, li ha uniti in matrimonio. È la prima unione civile nella capitale con la legge Cirinnà, in vigore dal 5 giugno. E anche la prima celebrata dalla sindaca Raggi. Per lei poteva essere l’opportunità di tornare alla ribalta in modo positivo, almeno per un giorno, dopo il caos e le polemiche di questi mesi. Ma Raggi ha preferito stare lontana dai giornalisti: nessun cronista è potuto entrare nella Sala Rossa, e la sindaca ha celebrato l’unione solo in presenza dei parenti e degli amici degli sposi, entrando nella sala da una porta interna.

Mentre per lei questa cerimonia è stata, ancora una volta, l’occasione mancata per un incontro più rilassato con la stampa, per i due sposi è stato un traguardo a lungo desiderato. «È una forte emozione. Questa legge ci rende tutti uguali. Bisogna avere il coraggio di essere felici», hanno commentato Francisco, 43 anni, regista e pittore di Cerignola, e Luca, 30 anni, ballerino di Roma.

Completo grigio con gilet e camicia con jabot di ispirazione ottocentesca, cappello a cilindro viola e scarpe da ginnastica, i due sposi hanno detto di sentirsi «una coppia del futuro, ma legata alla tradizione». Come fedi nuziali hanno scelto anelli ispirati ai chiodi per ferrare i cavalli, simbolo di una lunga strada percorsa insieme. E anche il cappello a cilindro non è casuale: «Francisco mi ha chiesto di sposarlo cinque anni fa, a Londra, davanti a una bancarella di Portobello Road – racconta Luca – in quel momento ha preso un cilindro, che poi abbiamo comprato. È stato come un anello di fidanzamento».

E della sindaca hanno detto: «Virginia Raggi era molto emozionata, ma ci ha messo a nostro agio. Ci ha augurato un’unione lunga e divertente, una vita intensa. E ci ha detto di andare a testa alta, di impegnarci per superare sfide e ostacoli».

Le difficoltà ci sono state, per Francisco e Luca, che prima della legge Cirinnà si erano trasferiti in Spagna, a Barcellona, per potersi sposare. «In Spagna – ci raccontano seduti ai tavolini di un bar di Trastevere alla vigilia della cerimonia in Campidoglio – alle coppie omosessuali sono concesse anche le adozioni. Avevamo iniziato le pratiche per sposarci a Barcellona, ma poi c’è stata la legge Cirinnà, e siamo voluti tornare». Questa legge – proseguono Francisco e Luca – «è un passaggio epocale: finalmente garantisce diritti, è un vero risultato raggiunto dopo circa 30 anni di tentativi, un grande punto di partenza». E i punti deboli, come la mancanza della stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner, stralciata nella versione finale? «Arriveremo anche a questo. Bisogna continuare a lottare. E considerare ciò che abbiamo raggiunto una vittoria. Noi continueremo a scendere in piazza, sempre».

Per Francisco e Luca, l’attenzione mediatica dell’ultimo periodo è stata positiva: «Tanti ragazzi ci scrivono e si complimentano con noi, raccontandoci le loro storie. Ci parlano anche di situazioni più difficili della nostra, di realtà ancora piene di pregiudizi». I neosposi, invece, hanno avuto sempre il sostegno delle famiglie e degli amici. E vogliono restituire quello che hanno ricevuto: prima di tutto con l’adozione a distanza. Devolveranno i regali di nozze all’associazione Save the children, ma in futuro vorrebbero adottare un bambino. «Potremmo trasferirci di nuovo in Spagna per adottare, ma non vogliamo. Vorremmo farlo in Italia, e ci auguriamo che un giorno sia possibile. Aspettiamo quel momento».

Intanto Francisco e Luca, che dopo la cerimonia civile si sono sposati anche sulla spiaggia di Torvaianica con rito buddista, proseguono con i loro progetti, «come tutte le coppie». E ricordano a tutti, con la loro storia e il loro amore, che «ogni felicità è un capolavoro».