Aumenta la piaga dei senzatetto nella sesta maggiore economia del mondo. Lo confermano le statistiche ufficiali, proprio mentre il paese è nella morsa di una crisi che non è del tutto esagerato definire epocale, con inflazione e costo della vita iperbolici, una delle massime ondate di scioperi degli ultimi trent’anni – ieri era la volta degli insegnanti -, e nel bel mezzo di una folata di gelo meteorologico.

PUBBLICATO IERI, l’annuale Rough Sleeping Snapshot, il monitoraggio del numero dei senzatetto nelle principali città del paese, stima che nella sola Inghilterra siano 3.069 le persone che abbiano dormito per strada almeno un’unica notte tra il primo ottobre e il trenta novembre del 2022. Si tratta di un aumento del 26% rispetto alle cifre raccolte l’anno precedente. Il rapporto evidenzia anche la presenza di quasi 40mila persone in Inghilterra registrate come senza fissa dimora, comprese quelle in alloggi temporanei o di emergenza secondo i dati trimestrali del governo raccolti da luglio a settembre 2022. Queste cifre evidenziano un aumento del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2021.

I numeri suggeriscono che il numero di persone che dormono per strada sia inferiore del 35% rispetto al picco del 2017, ma superiore del 74% rispetto al 2010. Né sorprende poi tanto che il fenomeno sia più pronunciato nella nazione più ricca (e a destra) del paese, l’Inghilterra: secondo studi commissionati pubblicati appena l’anno scorso dalla Ong Crisis – una delle tante organizzazioni che combattono il problema in piena armonia con la tradizione (neo)vittoriana della carità e del volontariato privati – è qui che le forme più estreme di homelessness sono costantemente più alte, con 0,84% di individui nel 2020, rispetto al Galles (0,68%), o alla Scozia (0,57%). Si prevede che il numero dei senzatetto crescerà ulteriormente in Inghilterra, in particolare a Londra, che rappresenta adesso almeno metà dell’attuale aumento, a meno che non vengano prese misure politiche che arginino in qualche modo il fenomeno.

RISULTANO IN CRESCITA anche i cosiddetti collocamenti temporanei, che coinvolgono famiglie con bambini. Anche questi sono notevolmente più alti in Inghilterra rispetto a Galles e Scozia e il ricorso all’uso di bed and breakfast come alloggio è cresciuto di quattro volte negli ultimi dieci anni. Si prevede inoltre che, nei prossimi vent’anni, sempre in Inghilterra, detti collocamenti temporanei quasi raddoppieranno, mentre rimarranno relativamente stabili in Scozia e Galles.

LA TENDENZA È DUNQUE al rialzo, dopo essere stata contenuta e addirittura ridotta durante la pandemia: tra i vari effetti del Covid c’è stato quello di aver trasformato un problema sociale – e quindi politico – in uno sanitario, e quindi biopolitico. Durante il lockdown, il programma governativo infelicemente denominato Everyone In (tutti dentro) aveva dotato di alloggio più di 37mila senzatetto.

Tutte queste percentuali sono da considerarsi ovviamente indicative: è particolarmente difficile monitorare un fenomeno come questo, che ha una multiformità di manifestazioni, compreso il cosiddetto sofa surfing, il dormire a casa di amici, un’occorrenza in cui spesso la persona in questione nemmeno si considera senzatetto. Ma le charity avvertono che molti tra quelli che gli si rivolgono – nella maggioranza di casi con problemi di dipendenza o mentali o vittime di violenze – non avevano mai dormito per strada in vita loro: un fatto che punta dritto verso un drastico impoverimento sociale.

Nel complesso, sono dati brutalmente accusatori per la strategia intergovernativa con cui la maggioranza tory si era impegnata a combattere un problema pressoché endemico, e che, tra le fanfare, aveva promesso nel suo programma elettorale di sradicare “per sempre” entro il 2024. E va ad aggiungersi alla lunga lista dei guasti accumulatesi in tredici, ininterrotti anni di governi conservatori che, almeno fino al dilagare della pandemia, hanno ottusamente perseguito una politica di tagli e di austerity equivalente, né più né meno, a macelleria sociale.