Dopo giorni di intense negoziazioni lo stato portoghese, salvo colpi di scena dell’ultima ora, tornerà a controllare la quasi totalità della compagnia aerea Tap (Transportes Aéreos Portugueses). Non è una nazionalizzazione, visto che l’impresa resterà una Spa, ma la Parpública (Participações públicas), una sorta di Cassa depositi e prestiti, dovrebbe salire dal 50% al 72,5% dell’intero capitale e assicurarsi quindi il controllo della società.

Occorre fare un piccolo passo indietro: tra le tante vittime del confinamento ci sono sicuramente le compagnie aeree. Mesi di inattività e di velivoli a terra hanno messo a durissima prova i conti. Succede con l’Alitalia, dove però la questione è più complessa, succede in Germania con Lufthansa, succede in Portogallo con la Tap.

Il vettore lusitano è una media compagnia, un centinaio di aerei in tutto e 17 milioni di passeggeri trasportati nel 2019 in circa 38 paesi.

Fondamentale strumento di collegamento tra l’Europa, l’Africa e l’America Latina, rotte dove il Portogallo ha investito moltissimo, la Tap in realtà non ha mai goduto di ottima salute finanziaria, mostrando bilanci per lo più in passivo. Di fallimento tuttavia non si è mai parlato perché, sottolinea il ministro delle Infrastrutture, il socialista Pedro Nuno Santos, la Tap è lo strumento attraverso il quale arrivano in Portogallo il 50% dei turisti ed è una delle voci fondamentali nell’export. Insomma un asset strategico imprescindibile e quindi indiscutibile.

La questione di cosa fare preesisteva dunque al blocco quasi totale di queste ultime settimane.

La Tap, nata nel 1945, è stata una compagnia pubblica fino al 2012, quando, sulla scorta della crisi economica del 2008, si cominciò a parlare di una sua possibile vendita. Erano gli anni della Troika, del bailout e del centro-destra al governo. Il processo di privatizzazione è stato lungo e tormentato. Inizialmente previsto per il 2013, il piano di vendita del 66% del capitale – il 61% a investitori diretti il 5% ai lavoratori – è annunciato solo nel 2014. Nel novembre del 2015 si conclude l’operazione e la Atlantic Gateway – un consorzio a cui partecipano David Neeleman (Azul) e Humberto Pedrosa (Grupo Barraqueiro) – si aggiudica la maggioranza del pacchetto azionario.

Passano pochi mesi e dopo il quadriennio del centro-destra arriva un nuovo governo, quello guidato da António Costa. Il 26 febbraio 2016 la nuova coalizione parlamentare di sinistra approva un ulteriore passaggio di azioni che cambia nuovamente l’assetto della società e riporta, di poco, la maggioranza del capitale della Tap in mano pubblica: 50% Parpública, 45% Atlantic Gateway e il 5% funzionari e collaboratori della compagnia.

Il resto è cronaca di questi giorni. Il blocco quasi totale di tre mesi di attività ha implicato la necessità di un rifinanziamento da parte dello stato di 1,2 miliardi di euro. Bruxelles ha dato il via libera a Lisbona per concedere il prestito ma ha posto delle condizioni, tra cui una ristrutturazione e un ridimensionamento della flotta e delle tratte. Il prestito tuttavia ha portato con sé l’inevitabile questione: quale ruolo deve avere lo stato dentro un’impresa nella quale si stanno investendo tante risorse? Il dibattito in queste ultime settimane è stato intenso e ha opposto i sostenitori di una nazionalizzazione completa (la sinistra), ai favorevoli a un prestito senza un intervento troppo invasivo dello stato (i conservatori) o a un’ulteriore passaggio di azioni. David Neeleman si è opposto duramente a qualsiasi ingerenza.

Nei giorni scorsi il cda di Tap non ha approvato il piano proposto dal governo subordinato al prestito (6 voti favorevoli, i consiglieri proposti da Parpública, e 6 astensioni, quelli in quota Atlantic Gateway). Il settimanale Expresso ha fatto ventilare l’ipotesi di una nazionalizzazione come possibile via d’uscita dall’impasse, confermata a stretto giro dallo stesso Costa.

Il decreto è scritto e avrebbe già dovuto essere discusso in consiglio di ministri. Con l’incombente minaccia dell’esecutivo l’ulteriore colpo di scena: nella notte tra l’uno e il due David Neeleman ha annunciato di volere cedere il suo pacchetto azionario (22,5%) a Parpública che salirebbe al 72,5% dell’intero capitale. Restano come azionisti privati i lavoratori di Tap con il 5% e Humberto Pedrosa con il 22,5%.