La penuria d’acqua infiamma il Paese. Le temperature sono in ascesa (oltre i 40 gradi nel Centro-Sud), il suolo si degrada e i roghi aumentano. E vengono a galla i conflitti su una risorsa di cui per troppo tempo ci siamo disinteressati. Il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli non usa giri di parole: «Tutto il quadro delle decisioni va portato a livello centrale, con un tavolo di coordinamento, per evitare che vi siano tra settori diversi e tra zone diverse del Paese guerre dell’acqua».

L’atteso decreto siccità – che non sarà risolutivo ma serve a tamponare danni e rischi (nella consueta logica emergenziale) – tarda, però, ad arrivare. «I criteri li stiamo definendo con le regioni e soprattutto le misure. Penso nelle prossime giornate, al massimo entro un paio di settimane, avremo chiare le misure e potremo fare la dichiarazione dello stato di emergenza», ha detto il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, intervistato da Sky Tg24. Ha poi aggiunto, anticipando alcune misure, che «non possiamo escludere in alcune zone un razionamento dell’acqua e quindi la chiusura della distribuzione durante le ore diurne».
Il Po ha una portata fino all’80 per cento in meno rispetto al normale.

Questa secca record del grande fiume, che si ripercuote su tutto il bacino, è mostrata nella sua drammaticità dalle immagini catturate dallo spazio dal satellite Sentinel-2 del programma Copernicus, gestito dall’Agenzia spaziale europea (Esa). La Lombardia ha chiesto acqua alla Svizzera: «Per quanto riguarda i bacini idroelettrici che scendono da lì», ha precisato il presidente Attilio Fontana. Finora le richieste «extraterritoriali» (il Piemonte alla Valle d’Aosta, l’Autorità del bacino del Po con il Lago di Garda) non hanno avuto un lieto fine.

Al Nord, in queste ore, la canicola non è così insistente come nel resto d’Italia (Roma e Firenze sono da codice rosso), ma i temporali, localizzati e spesso violenti, non possono risolvere la grave crisi idrica. Servirebbero piogge continue, che, però, non ci sono state nelle classiche stagioni piovose: primavera e autunno. Questa mattina, a Torino, alcuni attivisti di Extinction Rebellion si incolleranno letteralmente con il super attak all’ingresso del palazzo della Regione Piemonte in Piazza Castello, bloccandone gli accessi principali. «L’obiettivo – spiegano – è mettere in evidenza l’inadeguatezza politica della giunta regionale nella gestione dell’emergenza siccità, i cui segni erano presenti da mesi, e più in generale della crisi climatica. Chiediamo che si affronti questa crisi alla radice, in linea con le posizioni della comunità scientifica, e che non si aspetti di dover contare i danni per richiedere poi lo stato di calamità naturale».

Contemporaneamente alla mancanza d’acqua, sono andati in fumo in Italia negli ultimi sei mesi oltre 9mila ettari, un numero più che raddoppiato rispetto alla media storica. È quanto emerge dalle elaborazioni di Coldiretti su dati Effis in riferimento alla grande ondata di calore sull’Italia con temperature, fino a 40 gradi causate dall’anticiclone Caronte, che moltiplicano i roghi dalla Puglia alla Toscana, dal Lazio all’Emilia Romagna con l’allerta incendi proclamata da Sardegna e Sicilia. La segreteria nazionale della Flai Cgil denuncia come la siccità stia provando duramente il settore agroalimentare e come le sofferenze delle aziende si ripercuotano su lavoratrici e lavoratori, che rischiano sia il salario che la salute: «Non si può pensare che la soluzione siano le danze della pioggia. Sono necessari interventi strutturali».

Per il ministro Patuanelli «dobbiamo metterci nella prospettiva che questa non è un’emergenza di quest’anno e dobbiamo adoperarci per risolvere strutturalmente» la crisi idrica. Secondo il ministro è necessario aumentare «la capacità di captazione con un piano invasi di piccole dimensioni che consentano anche la produzione di energia». Raffredda immediati entusiasmi: «La decretazione dello Stato d’emergenza non significa che automaticamente ho l’acqua dappertutto. Noi dobbiamo invece avere la capacità di spesa. Abbiamo delle risorse per l’efficientamento delle infrastrutture esistenti, perché il range temporale del Pnrr è troppo breve per impianti nuovi. Il problema è che sono vent’anni che questo in questo Paese non si fa niente per tutelare la risorsa idrica».