5s spaccato, Pd in frantumi, Ncd spappolato. Forza Italia senza bussola con i generali messi alla berlina dai peones, quelli che però portano i voti . «Cuffariani» in ascesa. Ex civatiani «pentiti». Briciole leghiste orfani di Fratelli d’Italia. Candidati apparsi e scomparsi in un batter di ciglia.

A Palermo è il caos. Si vota fra tre mesi per il nuovo sindaco e quello che sta accadendo è la metafora di un sistema politico a pezzi, senza più riferimenti.

Quel che conta è salire sul carro della lista. E se per farlo occorre buttare al macero anche i simboli di partito ecco fatto.

Saranno tante le liste in campo, frutto di una legge elettorale modificata qualche mese fa dall’Assemblea siciliana per mettere i bastoni fra le ruote ai 5stelle ma che si sta rivelando un boomerang per tutti.

ORLANDO ARRUOLA IL PD

Era il 1985 quando Leoluca Orlando fu eletto sindaco. Il professore aveva 38 anni. Poi vennero la «primavera», la Rete e… ma questa è un’altra storia. Di anni ora Orlando ne ha 70, alle spalle quattro mandati, l’ultimo con lo slogan «il sindaco lo sa fare».

E per questo ci riprova per la quinta volta, «per preparare il mio successore», ha spiegato nella convention organizzata in un cinema stracolmo per il lancio della sua candidatura. Suscitando qualche risolino pure tra chi lo sostiene da 32 anni ed è sempre rimasto nell’ombra «dell’uomo solo», quello che divora le sue creature.

Sarà la volta buona? Si vedrà.

Intanto c’è lui. L’eterno Orlando. Che riesce a unire e a dividere. Questa volta dalla sua parte ha pure il Pd, meglio quel che ne rimane.

I dem a guida «renziana» per cinque anni e fino all’altro ieri hanno fatto opposizione in consiglio comunale, più di Forza Italia o di qualsiasi altro gruppo di centrodestra. Ma sembra passato un secolo. Il Pd sosterrà Orlando. Anzi, i «renziani» sosterranno Orlando, proprio quelli che gli facevano la guerra. Così ha deciso il Nazareno, accogliendo in pieno le richieste del professore: volete sostenermi? Bene, ma senza simbolo di partito e con liste civiche.

L’ok l’ha dato Lorenzo Guerini dopo giorni di passione e proprio mentre i dem di Palermo, con in testa il «renziano» Carmelo Miceli, segretario provinciale, stavano lavorando alle liste mettendoci dentro i politici. Un altolà quello di Guerini che ha scompaginato tutto.

Risultato? Il Pd, già tanto spaccato da non poter nemmeno esprimere un proprio candidato sindaco, è andato in frantumi. Gli ex Ds, che fanno riferimento all’ex bersaniano Antonello Cracolici, ora vicino al ministro Martina, non intendono liquefarsi nel «civismo» orlandiano. Faranno una propria lista, con chi non si sa ancora.

Con la sua strategia, il professore è riuscito a rompere la coalizione di centrosinistra che i dem, con fatica, tentavano di tenere insieme, anche in vista delle regionali d’autunno: quella con Ncd, i Centristi per l’Europa di Gianpiero D’Alia, Sicilia Futura dell’ex ministro Totò Cardinale.

Mentre il partito di Cardinale farà la sua lista pro-Orlando, il Ncd di Alfano s’è diviso: il pezzo vicino all’avvocato Dore Misuraca, responsabile enti locali, sta con Orlando, il resto, i fedeli al coordinatore regionale Francesco Cascio, si prepara a virare a destra.

Rimane salda al fianco di Orlando invece la sinistra, da Rifondazione a Sel. Tutti confluiti sotto il marchio di «sinistra comune», tra le cui fila si appresta a iscriversi anche Antonella Monastra, la ginecologa «pasionaria» impegnata nel difficile quartiere dei Danisinni, consigliera comunale da dieci anni, che ha appena mollato Fabrizio Ferrandelli, dopo la sua svolta a destra.

FERRANDELLI, IL «CORAGGIOSO»

Da «pupillo» a rivale. Fabrizio Ferrandelli aveva scaricato il suo mentore Leoluca Orlando, ai tempi dell’Idv col benestare di Di Pietro. L’aveva fatto nel modo più plateale: candidandosi contro di lui nella corsa a sindaco, cinque anni fa. A quel tempo, con Ferrandelli erano in tanti: da Rosario Crocetta al Pd di Antonello Cracolici e del senatore Giuseppe Lumia fino a Sonia Alfano, al tempo europarlamentare Idv. Di quel politico di centrosinistra sembra rimasto ben poco.

Dopo essersi dimesso da deputato regionale, Ferrandelli ha lasciato il Pd, correndo verso Palazzo delle Aquile col movimento dei «coraggiosi», fondato assieme ad alcuni vecchi compagni di viaggio, tra cui Antonella Monastra, che nel 2012 si candidò pure a sindaco con un pezzo della sinistra. Ora anche il movimento dei «coraggiosi» comincia a perdere pezzi. Monastra ha voltato le spalle dopo l’accordo che Ferrandelli ha stretto con Forza Italia, l’Udc di Cesa, Saverio Romano e il Pid-cantiere popolare, formazione che raggruppa ex cuffariani.

Proprio quest’ultimi sono i grandi artefici dell’alleanza. L’endorsement a Ferrandelli era arrivato qualche mese fa da un «cuffariano» doc: Totò Cuffaro. Era appena uscito da Rebibbia, dove ha scontato 8 anni per favoreggiamento alla mafia, quando l’ex governatore della Sicilia «vasa vasa» lanciò la sua dichiarazione d’amore: Ferrandelli è il volto nuovo.

L’intesa col centrodestra è arrivata qualche giorno fa, ritardata dall’inchiesta che la Procura ha aperto proprio su Ferrandelli, indagato per voto di scambio politico-mafioso. Lui è già stato ascoltato dai magistrati: «Tutto chiarito, sono sereno».

Per settimane Fi ha tergiversato. Gianfranco Miccichè, commissario degli azzurri in Sicilia, prima s’è giocato la carta dell’avvocato Francesco Greco, che poi ha rinunciato a candidarsi, poi ha flirtato per qualche giorno con un altro avvocato, Gaetano Armao, ex assessore di Raffaele Lombardo.

«La verità – spiega una fonte di Forza Italia al manifesto – è che Miccichè non ha mai avuto un peso nella trattativa sul candidato e sulle alleanze. Gli abbiamo consentito di fare la prima donna ma tutti sapevamo che a decidere sarebbe stato Totò Cuffaro e lui ha scelto Ferrandelli, che è il nostro candidato».

Così come il Pd, anche Fi si presenterà senza simbolo di partito, come richiesto da Ferrandelli.

L’intesa con i partiti del centrodestra non piace ad alcuni «coraggiosi» della prima ora, gente che viene dalla sinistra e che aveva creduto nel progetto dell’impiegato di banca. Gli rimproverano di avere mollato il Pd in malo modo, col conseguente abbandono di chi credeva in lui come Gianni Pittella, e soprattutto di aver messo nelle sue liste personaggi di centrodestra ben noti.

Dall’intesa ha preso le distanze Matteo Salvini, che ha scelto di sostenere Ismaele La Vardera, ex collaboratore della trasmissione «Le Iene».

Mentre Fratelli d’Italia ancora brancola nel buio.

M5S NELLA BUFERA

In casa 5stelle non stanno meglio. Il movimento è diviso. Lo storico meetup «il grillo di Palermo» ha deciso di non appoggiare Ugo Forello, il candidato sindaco scelto on line sulla piattaforma Rousseau da poco più di 350 iscritti pentastellati.

La rottura arriva dopo mesi di lotte intestine, esplose con l’inchiesta della Procura sulle firme false.

Indagini chiuse qualche giorno fa, imminente la richiesta di rinvio a giudizio: 14 gli indagati. Una storia che ha creato solchi tra gli attivisti. Da una parte i ‘monaci’ con in testa Riccardo Nuti, indagato assieme ai parlamentari Giulia Di Vita e Claudia Mannino; dall’altra il nuovo meetup di cui fanno parte i deputati regionali M5s Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, anche loro indagati ma, rispetto ai nazionali, hanno scelto di collaborare con i pm ammettendo la copiatura delle firme e auto-sospendendosi come richiesto da Grillo, che nei confronti dei «nazionali» invece ha dovuto adottare la sospensione attraverso i probiviri.

Tra i due gruppi non ci sono più rapporti. Nuti su Facebook ha ufficialmente sostenuto che Forello non rappresenta il M5s; proprio contro il candidato sindaco, i «nazionali» hanno presentato un esposto in Procura, accusandolo di essere il «manovratore» dei due deputati che hanno collaborato con i magistrati.

E quando Di Maio sabato scorso ha aperto la campagna elettorale di Forello ne ha preso atto: piazza Massimo era vuota.