In una tornata elettorale più volte scossa da cyber attacchi, rivelazioni di WikiLeaks, incursioni di hacker russi e probabilmente di un ramo scontento della Nsa, a pochi giorni dalle elezioni non c’è da stupirsi se sia democratici sia repubblicani, temono che ci possano essere incursioni informatiche in grado di alterare il risultato del voto.

Già in primavera l’Fbi aveva avvertito che in Arizona e in Illinois qualcuno stava «sondando» i loro data base di registrazione degli elettori; una volta questi dati erano conservati in grandi libri e portati fisicamente ai seggi, oggi, invece, sono contenuti in hard disk, spesso collegati a siti web che rendono più facile registrarsi online.

Questo sistema, rispetto ad un librone cartaceo, è chiaramente molto più esposto a subire incursioni esterne, e le vulnerabilità in grandi impianti centralizzati sono difficili da trovare, tanto che il governo federale si era accorto della presenza di spie cinesi nei propri server solo dopo il furto del contenuto di quasi 22 milioni di dischi.

SI È POI SCOPERTO che gli hacker cinesi erano all’interno dei sistemi americani da più di un anno. Nonostante ciò i dati degli elettori non sono trattati dal governo federale come «infrastrutture critiche» perché in pochi fino ad ora hanno considerato che un cyber attacco proveniente da un Paese straniero potrebbe causare caos sufficiente il giorno delle elezioni. «Abbiamo pensato in termini di strutture – ha dichiarato al New York Times Michael S. Rogers, il direttore della National Security Agency – ma il vero valore dei dati sta diventando ogni giorno più grande. Tuttavia questa è ancora solo responsabilità degli stati».

Al momento pochi Stati hanno investito nella sicurezza dei loro sistemi, e questo è il motivo per cui c’è tanta preoccupazione. Alcuni stati non sono nemmeno sicuri che i dati contenuti nei propri sistemi siano corretti.

Il timore è che eventuali intrusi possano apportare delle modifiche alle informazioni di identificazione: questo porterebbe al formarsi di code infinite e a tutto un fiorire di accuse di manovre ai sondaggi, un genere di danni che potrebbero richiedere mesi per la loro risoluzione.

Un altro esempio di attacco che potrebbe in qualche modo compromettere l’esito delle elezioni è il caso che, in corrispondenza del giorno del voto, si verifichi un nuovo DDoS (Denial of Service) come quello del 21 ottobre che ha rallentato tutta la East coast per ore e che si teme possa esser stata una prova generale.

Di quell’attacco se ne era addossata trasversalmente la colpa WikiLeaks che dal suo account Twitter aveva invitato i propri sostenitori a smettere, portando a leggere quell’attacco come una ritorsione nei confronti del governo americano, reo di aver imposto all’Ecuador la chiusura di internet ad Assange in modo da non farlo interferire con la politica americana.

L’ATTACCO DEL 21 OTTOBRE non si ritiene sia stato condotto da una potenza straniera; alcuni dispositivi connessi a internet, come ad esempio le telecamere di sicurezza, erano state stati infiltrati e programmati per attaccare in massa Dyn DNS, cioè quella porzione di tecnologia che permette ad un nome Dns in Internet di essere sempre associato all’indirizzo IP di uno stesso host. Un tale attacco potrebbe essere diretto, ad esempio, ai sistemi informatici utilizzati dalla campagna «Go To Vote» che spinge le persone a votare, in quanto, come ha spiegato Andy Ellis, il capo della sicurezza ad Akamai, società che aiuta le aziende a mantenere la connettività web, «La gente pensa che gli attacchi denial-of-service abbraccino uno spettro ampio, colpendo un po’ a casaccio, invece possono essere molto mirati, ed è difficile difendersi»

NEMMENO L’FBI è senza problemi, anche se di tipo diverso, dato che ha avviato un’indagine interna su uno dei propri account Twitter.

L’account in questione, @FBIRecordsVault, era inattivo da più di un anno poi il 30 ottobre ha rilasciato una marea di documenti, tra cui uno che descrive il padre di Trump come un filantropo.
Due giorni dopo sono partiti tweet sul controverso perdono di Marc Rich da parte del presidente Clinton. Come riferisce il sito ThinkProgress, ora l’Fbi intraprenderà un’indagine in quanto la legge federale e la politica Fbi vietano ai dipendenti di usare il potere del dipartimento per tentare di influenzare le elezioni.

Gli strani tweet sono arrivati dopo la dichiarazione del direttore dell’Fbi di star esaminando alcune e-mail che potrebbero essere rilevanti ai fini dell’inchiesta sul server di posta elettronica privato di Hillary Clinton; da quel momento, c’è stata una serie di fughe di notizie circa l’attività Fbi che sembra voler danneggiare Hillary e beneficiare Trump.