«Il valzer delle ricomposizioni e delle separazioni che va in scena da anni a sinistra, peraltro sempre con gli stessi protagonisti, è una maledizione. Nell’Italia di Salvini, una nostra nuova divisione sarebbe incomprensibile: creerebbe solo amarezza, rabbia e disimpegno».

Massimo Paolucci (eurodeputato Mdp, ndr), in Leu ci sono divergenze forti. Hanno a che vedere con l’Europa ma anche con l’Italia. Lei propone di restare ancora uniti per poi magari dividervi prima delle europee?

Non minimizzo le differenze. Contesto l’idea che di fronte a un dissenso invece di affidarsi alle regole di un congresso si scelga la rottura preventiva. Mi auguro che Piero Grasso assuma una iniziativa e faccia di tutto perché scelte unilaterali non sequestrino il simbolo senza dare voce ai nostri iscritti.

Volete contarvi sull’appartenenza al Pse? E se perdete?

Non abbiamo paura del confronto. Il progetto originario di Leu, dare vita a una forza autonoma della sinistra, resta di grandissima attualità. Se prevarranno chiusure e calcoli di corto respiro andremo avanti con chi ci sta. La sinistra socialista deve fare i conti con errori e sconfitte storiche. Non può essere una variante dal volto umano del neoliberismo. In questi anni le diseguaglianze sono aumentate ed è esplosa la scissione tra ambiente, sviluppo, organizzazione delle città e modelli di consumo. Solo un marziano può pensare che è superato il conflitto capitale-lavoro. Langer nell’89 parlò di «insolvenza fraudolenta» per un sistema che consuma più risorse di quanto la natura riesca a rigenerare. Nel 2014 Piketty evidenziò che «con il trionfo della rendita il passato divorerà il futuro». In queste contraddizioni torna di attualità il socialismo, un socialismo ambientalista.

In questione non è il socialismo europeo che dovrebbe essere, ma quello che è stato. Così come il Pd: proponete la riunificazione con il vostro ex partito?

È una sciocchezza insinuare che noi di Art.1 vogliamo tornare nel Pd. Il Pd non è il Labour, un grande partito capace di tenere insieme diversi orientamenti. Oggi non ci sono le condizioni per un partito unico. Il progetto originario del Pd è fallito e deve essere rifondato. Non è il nostro compito. Ma dire che non ci riguarda è un atteggiamento pre politico. Spagna e Portogallo ci indicano la strada. Sanchez non è Corbyn né Sanders, ma Podemos, sulla base di un accordo chiaro, ha scelto di governare con il Psoe. Ho letto con piacere che è la strada che indica anche Rossana Rossanda. Dobbiamo fare ogni sforzo per non regalare altre città e regioni a Salvini e Di Maio. Affermare, come fa Sinistra italiana, di essere alternativi al Pse è un doppio errore: mette sullo stesso piano i socialisti con i partiti che vogliono sfasciare l’Europa, e si dichiara alternativa a Corbyn, Sanchez e Costa. Il tema del governo non è una malattia dei riformisti ma la via maestra per redistribuire il reddito e migliorare la vita delle persone. Dobbiamo stare in campo per cambiare la sinistra e costruire un’alternativa alle destre.

Non ci giro intorno: molti esponenti del Pd, da ultimo Dario Franceschini, propongono una lista dem allargata anche a voi. E lo fanno ricordandovi che per voi il 4% sarebbe proibitivo.

Alle europee ci saremo con una nostra lista. Il Pd cambia strada? Propone una coraggiosa piattaforma di rifondazione dell’Europa e una lista con un nome e un simbolo che rappresenti questa novità? Oggi è tutto confuso, indecifrabile. Ma S&D, il gruppo in cui abbiamo lavorato in questi anni, è la casa dove condurre la nostra battaglia politica. Il Pse ha commesso gravi errori; è pieno di contraddizioni. Io, ad esempio, sono lontanissimo dal premier slovacco Pellegrini che con Orbán guida il gruppo di Visegrad. Ma attenzione a guardare il Pse con gli occhi del passato: l’alleanza con il Ppe è rotta da tempo, oggi non sono più Schulz, Hollande e Renzi “i padroni” del Pse.

Il Pse è cambiato?

Non c’è ancora una svolta chiara ma si è riaperta una discussione. Kathleen Van Brempt, la candidata capogruppo, alternativa ad Udo Bullman, ha raccolto il 40% dei voti. Il gruppo S&D è stato protagonista di importanti battaglie. Attenzione a non scaricare le colpe gravi degli stati nazionali sul parlamento. C’è un grave deficit di sovranità democratica del parlamento da superare; se si fosse dato seguito al 60% degli atti approvati in aula a Bruxelles e ai diversi risultati raggiunti dal gruppo parlamentare S&D, ora potremmo parlare di un’altra Europa. Per rifondare l’Europa e cambiare i trattati serve un grande partito socialista transnazionale alleato con le forze ambientaliste, con movimenti e partiti della sinistra radicale.