Con una veloce giravolta i democratici del Senato hanno deciso di collaborare con i senatori repubblicani, e mentre scriviamo sembra proprio che il Senato abbia abbastanza voti per andare avanti, terminare lo shutdown e accordarsi su un piano comune.

A far capitolare i democratici è stato l’impegno che il Gop si è assunto di tenere una votazione riguardo le leggi sull’immigrazione, già nelle prossime settimane. Ciò su cui si sono accordati è un provvedimento di spesa temporaneo e, come ha spiegato il capo della minoranza democratica al Senato Chuck Schumer, si tratta di una intesa finalizzata a «proseguire il negoziato in vista di un accordo globale» sui temi in discussione, incluse le tutele per i Dreamers.

Lo shutdown, vale a dire la chiusura delle attività del governo federale, era stato provocato dallo scontro tra democratici, repubblicani moderati e nuovi repubblicani filo trumpiani proprio riguardo la legge per proteggere i Dreamers, i giovani immigrati arrivati illegalmente da bambini. La legge, voluta da Obama, è vista da Trump come il fumo negli occhi e i democratici avevano dichiarato che nessun piano di bilancio sarebbe stato firmato se non fossero state incluse delle assicurazioni riguardo la protezione dei Dreamers.

Venerdì sera c’è stato un incontro Schumer-Trump ma lo scambio di nuove garanzie per i Dreamers in cambio di una prima tranche di finanziamenti per il muro con il Messico per circa 1,6 miliardi, è saltato. A quel punto il presidente si è tirato indietro dichiarando: «Finché non viene annullato lo shutdown non sono disponibile a riprendere le trattative».
Ora l’accordo tra i repubblicani e i democratici ha permesso che la misura per rimettere in moto le attività del governo passasse con 81 voti favorevoli e 18 contrari, e lo shutdown che era iniziato sabato, finirà ufficialmente dopo che la Camera avrà approvato il testo per finanziare il governo sino all’8 febbraio. Entrambe le parti alla fine hanno optato per una scelta responsabile, in quanto durante uno shutdown gli impiegati del governo non percepiscono stipendio, né gli verrà rimborsato in seguito. E a entrambe le parti sono chiari gli scogli che vanno affrontati per far passare il programma di bilancio 2018.

Questo shutdown è stato il primo nella storia degli Stati uniti ad avvenire mentre un partito controlla la Casa bianca ed entrambe le camere e i tentativi di Trump, dopo l’incontro con Shumer, di addossare tutte le colpe ai democratici non erano credibili.

Spinti dall’urgenza, le parti hanno perfezionato, nella mattinata di lunedì, l’accordo che era stato messo a punto da un gruppo di 23 senatori, sia repubblicani che democratici; per evitare un’espulsione di massa dei Dreamers c’è tempo fino al 4 marzo. A muoversi in modo conciliante nei riguardi dei giovani immigrati sono stati i senatori repubblicani più critici nei confronti di Trump: Susan Collins, Lindsay Graham, Bob Corker e Jeff Flake, e a loro si sono aggiunti altri 5 conservatori. Sul fronte democratico si sono mossi i senatori più centristi e i senatori come Tim Kaine e Mark Warner che provengono dalla Virginia, uno Stato che si serve di molti impiegati federali che sarebbero rimasti senza stipendio fino a chissà quando.

Ora, invece, torneranno al lavoro 692 mila dipendenti pubblici, verranno riaperti i parchi nazionali, gli uffici federali, i monumenti, i musei, i monumenti. La Statua della Libertà a New York non aveva mai chiuso in quanto il governatore democratico Andrew Cuomo l’aveva mantenuta polemicamente aperta, come simbolo di accoglienza degli immigrati.