Per la prima volta la Palestina ha un padiglione ad una Conferenza delle Parti sul clima. È qui che incontriamo Hadeel Ikhmais, la giovane biologa a capo della sezione clima dell’Environmental Quality Authority, quanto di più simile esista in Palestina ad un ministero dell’ambiente.

«Anche sotto assedio tanti dei nostri giovani portano avanti iniziative innovative in termini di adattamento e mitigazione – ci dice – ma con la guerra tutto è cambiato. Abbiamo perso il contatto con molti dei nostri colleghi sul territorio, abbiamo perso infrastrutture. Dobbiamo ricominciare da capo».

L’Iran ha lasciato i negoziati in segno di solidarietà con la vostra causa.

Apprezziamo tutte le manifestazioni di solidarietà che stiamo ricevendo. Qui al padiglione vengono in continuazione persone a manifestare la loro vicinanza. Ieri abbiamo visto un corteo di solidarietà qui a Cop28. Questo ci da molta speranza: il genocidio è in corso da due mesi, e laggiù in Palestina ci sentiamo lasciati soli da un mondo ipocrita. Il calore che respiriamo qua ci fa sentire che c’è ancora umanità.

La crisi climatica ha un forte impatto sulla Palestina, penso ad esempio all’acqua.

Già oggi sperimentiamo problemi di approvvigionamento per via dell’occupazione. Non controlliamo le risorse idriche e non abbiamo accesso diretto alle acque superficiali. La crisi climatica sta peggiorando e peggiorerà questa condizione: gli scenari prevedono con certezza la diminuzione delle piogge. Già quest’anno è stato difficile, abbiamo visto riduzioni importanti nel settore dell’olivo – che per noi è importantissimo. Un problema per la nostra transizione è l’accesso ai fondi. Siamo ad esempio idonei a ricevere gli aiuti del Global Environmental Facility, ma non ci vengono elargiti per via di un veto degli Usa.

Che ruolo può giocare l’Italia?

L’Italia è nota storicamente per la sua vicinanza alla Palestina, ci sono tanti progetti italiani sul nostro territorio e anche in questi giorni vediamo la solidarietà degli italiani sui social. Ora serve che la pressione su Israele e Usa aumenti, perché il genocidio deve essere fermato. Se un politico non si adopera per questo, significa che non vuole.