Un 25 aprile di pace per l’Ucraina ma anche di pacificazione per il dibattito pubblico italiano. Al teatro Kursaal Santalucia di Bari, dove era stato invitato per l’evento «La Resistenza è un bel futuro», il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo ha provato a uscire fuori dalle polemiche che lo investono da quasi due mesi e, con fare quasi pedagogico, ha ribadito la posizione pesando bene ogni parola: «Tutto è nato dall’invasione russa, moralmente e giuridicamente da condannare e condannata, senza se e senza ma, a cui hanno fatto e stanno facendo seguito uno scempio di umanità e di vita del popolo ucraino e una legittima resistenza armata. Oggi il punto è come arrivare a una pace vera. Aggiungo una citazione: la partigiana Mirella Alloisio ha detto di essere entrata nella resistenza perché non ne poteva più della guerra. Credo che sia il modo migliore per immaginare un 25 aprile con la parola d’ordine della pace».

ACCUSATO PRIMA di essere filosovietico e quindi (sic) putiniano, poi «equidistante» e incapace di distinguere aggressori e aggrediti, infine di odio anti-ucraino per alcuni post di Facebook con cui nel 2014 commentava alcuni episodi cruenti della guerra nel Donbass, Pagliarulo si è detto «sorpreso e amareggiato» perché «quello che è in discussione non è la legittimità di un confronto tra idee diverse nel reciproco rispetto, ma la demonizzazione di una posizione che non è soltanto quella dell’Anpi ma di un fronte molto vasto che comprende tanta parte del mondo cattolico e laico e, per quanto ne sappiamo, corrisponde al punto di vista di una larga, forse larghissima, parte degli italiani».

I sondaggi d’opinione, in effetti, non lasciano grandi margini all’interpretazione e descrivono più della metà degli italiani su posizioni pacifiste, contro l’invio di armamenti e per una soluzione diplomatica che ponga fine al conflitto.

«PUR NELLE OPINIONI diverse è necessario e urgente operare insieme, unitariamente, affinché si apra la possibilità di un negoziato, si riaccenda la scintilla della speranza, si esca dal vicolo cieco in cui sembra piombata l’Ucraina, a partire dall’immediata cessazione dei bombardamenti e dal ritiro delle truppe di occupazione», ha detto ancora Pagliarulo strappando applausi al pubblico di Bari. Difficile ipotizzare che questo discorso riuscirà a placare le polemiche, che sui giornali, nei talk e soprattutto sui social proseguono a colpi di opposte interviste a partigiani che ora sostengono la necessità di inviare sempre più armi e ora invece si schierano contro la guerra tout court.

Quella che sembrerebbe una prova della vivacità del dibattito interno all’Anpi, organizzazione che può contare 120.000 iscritti, viene usata come clava per attaccare una dirigenza promossa dal congresso nazionale dello scorso marzo e poi confermata a larghissima maggioranza (35 favorevoli e 2 astenuti) dal direttivo nazionale di due settimane fa. Pagliarulo – che oggi interverrà prima al congresso di Articolo Uno a Roma e poi alla marcia Perugia-Assisi – in fondo non fa che portare avanti quanto previsto dall’articolo 7 dello statuto dell’Anpi, dove si dice che gli organi dell’associazione sono tenuti a valorizzare anche la pace.

«L’utopia non è ciò che non si potrà realizzare – questa la conclusione del discorso di Bari -, ma ciò che non si è ancora realizzato. Si può fare, se si è uniti nella diversità, se prevale la politica, se suonano più alte le parole della vita sulle parole della morte».

A MARGINE delle celebrazioni è intervenuto anche il presidente della Camera Roberto Fico, che ha ribadito quasi parola per parola il discorso fatto venerdì da Mattarella. «Pace non significa resa – ha detto -, va raggiunta ma non può voler dire arrendersi: il popolo ucraino va rispettato come va rispettato il suo diritto alla difesa».

Anche la senatrice a vita Liliana Segre ha inviato un messaggio: «Il 25 aprile ci ricorda che resistere è necessario, è un dovere, ieri come oggi. Ovunque la giustizia e la dignità vengano attaccate, umiliate, distrutte, ora e sempre resistenza. La festa della Liberazione oggi, come sempre, parla anche al nostro presente, dove una potenza aggredisce e sanguinosamente distrugge un paese sovrano nel cuore dell’Europa».