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Padova, Coalizione civica candida Curi e spiazza il Pd

Padova, Coalizione civica candida Curi e spiazza il PdUmberto Curi

Elezioni comunali Formalizzata dai dem la «santa alleanza»eader con Ncd, destra «civica», seguaci di Tosi e perfino qualche forzista inviperito

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 10 febbraio 2017

Domani mattina, nell’ex fornace Carotta, si ufficializza la candidatura che meglio incarna il laboratorio della Coalizione Civica e soprattutto spariglia i giochi di strategia nel Pd. Umberto Curi (filosofo, professore emerito dell’Università, già consigliere della Biennale) raccoglie così l’appello sostenuto da un centinaio di firme: «Colgo una testimonianza di stima e fiducia che molto mi onora e lusinga. Quanto al merito, ritengo che l’obiettivo prioritario debba essere la salvaguardia dell’unità della Coalizione, quale presupposto imprescindibile per partecipare con successo alla imminente competizione elettorale. Ribadisco con convinzione la mia disponibilità al servizio del progetto».

Così l’altra Padova completa il percorso avviato dopo il referendum. Niente simboli politici, ma un comitato eletto dall’assemblea con i gruppi di lavoro sul programma. Tre portavoce già attivi e ora un candidato sindaco in cui si può riconoscere fino in fondo il popolo del centrosinistra.

Padova torna a votare, perché nella notte dell’11 novembre il sindaco leghista Massimo Bitonci è stato sfiduciato direttamente dal notaio. Era stato eletto nel 2014 con oltre 7 mila voti di scarto al ballottaggio contro Ivo Rossi (Pd). È rimasto vittima della «congiura» di 17 consiglieri comunali: minoranze compatte più il decisivo drappello di centrodestra. Bitonci ha aperto la sua nuova campagna elettorale fin da Natale: prepara una specie di referendum, contando sulla sovranità popolare ad personam.

Sull’altro fronte, si era appena materializzata la «santa alleanza»: il Pd orfano di leader, Ncd del sottosegretario Barbara Degani, destra «civica», seguaci di Tosi e perfino qualche forzista inviperito. Con un candidato dal profilo altrettanto sussidiario: Sergio Giordani, 64 anni, presidente di Interporto al terzo mandato, già pupillo del paròn dei supermercati Despar e del Calcio Padova in serie A, ora imprenditore del commercio che spazia dall’abbigliamento sportivo al vino.

Ma Coalizione Civica ha scompaginato ogni calcolo. In eventuali primarie (che il Pd teme come la peste) Giordani rischia subito una cocente sconfitta. E comunque Curi vanta un profilo ben più convincente, autorevole e consolidato per sfidare Bitonci & C nelle urne che contano. Tanto più che anche a Padova aleggia lo spettro del M5S che riparte dagli originali 9.478 voti delle Comunali già lievitati fino a 11.748 alle Regionali 2015. Il senatore Giovanni Endrizzi potrebbe essere in lizza, procedure statutarie permettendo.

Di certo, sarà un test politico significativo perfino più di Verona, dove abdica Flavio Tosi. L’agenda degli aspiranti inquilini di palazzo Moroni è spianata. Padova ha smarrito il suo appeal nel Nord Est in crisi: all’anagrafe sono meno di 210 mila i residenti, sintomo clamoroso di un declino preoccupante. E l’ultimo rapporto Ispra sul consumo del suolo certifica 4.558 ettari di territorio divorato dal cemento: Padova spicca fra i primi 20 Comuni d’Italia, un’area ormai «monocentrica satura» come Milano. È il «ciclo del mattone» che ha trasformato l’ex collegio dei Gesuiti in un residence superlusso: operazione che EstCapital Sgr (poi commissariata dal governo) aveva pianificato per ricavarne almeno 9,6 milioni.

A Padova si preferisce rimuovere tutto con perfetta ipocrisia. Eppure in via Belgio 26 c’è la sede di Mantovani Spa, sinonimo dello scandalo Mose in laguna e della piastra di Expo: il presidente del Cda è Carmine Damiano, ex questore di Treviso, di nuovo alle prese con le inchieste della magistratura. Nessuno fiata nemmeno sulla gestione della Torre della Speranza, fondazione che potrebbe esplodere come il San Raffaele. Né sulle «cricche della logistica» che hanno monopolizzato il simulacro della zona industriale.

Padova conserva ancora due vere «fabbriche» che garantiscono 10 mila posti di lavoro: l’Università e la sanità pubblica. Mercoledì al Bo s’inaugura il nuovo anno accademico con Romano Prodi, ma il vertice dell’Ateneo sembra più devoto a Comunione e liberazione.

Con 1,4 miliardi all’anno di valore della produzione la «cittadella della salute» è stata il regno dei fedelissimi di Galan in sintonia con gli «amici» della cena di santa Lucia. Patrimonio pubblico cannibalizzato a furia di appalti, esternalizzazioni, bilanci fuori controllo.

E mentre in municipio sta per insediarsi il commissario straordinario Paolo De Biagi con 4.739 euro d’indennità, la città è scandalizzata dall’ultimo capitolo di «Uccelli di rovo» in versione provinciale. Questa volta a imbarazzare la Curia non bastano fidanzate o figli non riconosciuti. In Procura tracima il fascicolo sui parroci a luci rosse con tanto di orge, immortalate nei dvd sequestrati con i papi in copertina…

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