A Ostia sono tutti contro il vecchio. È nuovo il centrodestra, che pure candida una vecchia conoscenza della politica locale, Monica Picca, che unisce la vecchia maggioranza berlusconiana e raccatta frammenti della ex Dc di varia provenienza e della lista Marchini.

Sono nuovi i 5 Stelle, che pure governano in Campidoglio e promettono legalità con Giuliana Di Pillo.

È nuova Casa Pound, che giura: «Il consiglio municipale sarà una trincea», candida Luca Marsella ed è in campagna elettorale permanente da due anni.

È nuovo il Pd, che con una mossa stile Giachetti, dopo l’apocalisse che lo ha colpito proprio a Ostia, ha ripescato Athos De Luca e infarcito la lista di giovani.

E poi è nuovo il prete anti-racket Franco De Donno, con una lista civica sostenuta dalla sinistra la quale (ci mancherebbe) si presenta anche con Eugenio Bellomo che ha rotto con la linea romana dell’arcipelago fuori dal Pd – e che candida Elisabetta Canitano, medico e figura importante in città per la difesa del diritto delle donne alla libertà di scelta.

È nuovo anche Andrea Bozzi, giornalista ed emanazione della ministra alla Salute Lorenzin, cresciuta politicamente qui.

L’essere nuovi significa essere contro quel che c’era prima e che ha portato, due anni fa, allo scioglimento del municipio per mafia. Essere nuovi significa convincere i 250mila elettori che dopo maggioranze di centrosinistra e centrodestra, in municipio e in Comune, adesso, sì, proprio stavolta, le cose cambieranno.

La sfida in questa città-non-città è alta per tutti. Per i 5 Stelle, che non a caso hanno mandato qui Paola Taverna, Alessandro Di Battista e Virginia Raggi (Di Pillo è stata fino ad agosto la delegata del sindaco per il X° municipio). Ostia in Campidoglio pesa: il capogruppo in Comune è Paolo Ferrara, 3500 preferenze e gestore della pagina Facebook della candidata. Lei, un passato da attivista nei comitati, oggi ripete formule vuote e promette lavori. Gioca insomma sulla vicinanza col Comune.

Per il centrodestra c’è la prova di rilancio di una coalizione che sembrava morta. Incalzati da Casa Pound, spediscono Giorgia Meloni a garantire sul marchio «a destra» e «prima gli italiani» (l’applauso più forte al suo comizio). Proprio Di Pillo e Picca, seconda con un certo distacco nei sondaggi, sono le più probabili candidate a sfidarsi al ballottaggio.
Per il Pd si tratta di capire se continua la catastrofe che caratterizza le ultime uscite romane. Se la cura Orfini è servita. Improbabile.

Quanto ai fascisti di Casa Pound, sono certi di arrivare ad eleggere qualcuno così da avere una tribuna che non sia solo più quella dei blitz ai mercatini abusivi di immigrati. Alla cena con Nina Moric c’era un sacco di gente, ma il programma, oltre alla ricostruzione dello stabilimento Roma e alla difesa dei commercianti italiani dagli ambulanti, non dice granché.

Piccole sorprese potrebbe regalarle Don Franco De Donno, difensore degli emarginati molto noto in città. Alle prese con la campagna elettorale, però, non si è mostrato un granché come comunicatore. Oppure Bozzi, che misurerà la capacità di Lorenzin di muovere pacchetti di voti. Dopo il primo turno sarà interessante vedere chi fa cosa: Casa Pound sosterrà quei “venduti” di Fratelli d’Italia? Può darsi: in fondo Simone Di Stefano e Meloni erano iscritti alla stessa sezione dell’Msi. Il Pd non potrà che astenersi.

E gli amici di Lorenzin? Cercheranno di entrare in maggioranza nel centrodestra? Una domanda interessante perché nel 2018 si vota per la Regione.