La settimana scorsa il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, ha designato senza coordinarsi con il gabinetto di sicurezza israeliano sei organizzazioni della società civile palestinese come «organizzazioni terroristiche» ai sensi della legge antiterrorismo nazionale israeliana (2016).

Le organizzazioni designate sono Al Haq e l’Unione dei comitati per il lavoro agricolo (Uawc), Defense for Children International – Palestine, Bisan Center for Research and Development, Addameer e Union of Palestine Women’s Committees. Secondo il ministero della Difesa israeliano, tutte e sei le organizzazioni impiegavano membri senior del FplP (Fronte popolare per la liberazione della Palestina), «compresi attivisti coinvolti in attività terroristiche» e «costituivano una rete di organizzazioni attive sotto copertura sul fronte internazionale per conto del FplP». Designazione che consente alle autorità israeliane di chiudere gli uffici delle organizzazioni, sequestrare i loro beni, vietare il sostegno alle loro attività e arrestare i membri del personale.

La decisione di accusare di terrorismo organizzazioni che da decenni sono impegnate ad altissimi livelli nella promozione dei diritti umani e la cui reputazione e stima è comprovata da numerosi riconoscimenti internazionali, incluso l’accesso diretto che è garantito ad alcune di loro agli organi delle Nazioni unite in virtù dello stato consultivo speciale presso l’Ecosoc (Consiglio economico e sociale delle Nazioni unite), e dalla cooperazione diretta anche con agenzie di cooperazione internazionale, tra cui quella italiana, è un messaggio politico intimidatorio che non può essere ignorato. Si tratta, infatti, di organizzazioni riconosciute e apprezzate in tutto il mondo per il lavoro che svolgono nei settori della difesa dei diritti umani, della tutela dei minori, della protezione dei prigionieri politici, dell’accesso alle terre e al reddito dei contadini e delle comunità, dell’equità di genere ,della promozione dei diritti delle donne e altro ancora. Tutte e sei le organizzazioni sono state continuamente prese di mira da una campagna coordinata di delegittimazione e diffamazione che ha portato a perquisizioni negli uffici da parte dell’esercito israeliano, sequestro di apparecchiature, divieti di viaggio per i membri del personale e altre tecniche di intimidazione.

Questa designazione senza precedenti fa parte di una preoccupante tendenza volta a censurare coloro che documentano le violazioni dei diritti umani (organizzazioni non solo palestinesi ma anche israeliane) e che criticano le politiche di occupazione israeliane. Le organizzazioni della società civile dovrebbero poter lavorare senza ritorsioni e con protezione. La comunità internazionale deve mostrare solidarietà, denunciare questa decisione e chiedere al governo di Israele di ritirarla immediatamente.

Questo è quello che abbiamo chiesto al ministro degli Esteri Di Maio, alla vice ministra Sereni e ai vertici della nostra Agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo assieme alle altre reti e piattaforme di ong. Ed è per questo che le dichiarazioni che si limitano solo a esprimere «preoccupazione per l’accaduto» non ci possono soddisfare.

* Coordinatore Advocacy / AOI – Cooperazione e solidarietà internazionale