Non una di meno contro la pubblicità sessista. I centri antiviolenza di Cosenza hanno alzato la voce contro i manifesti offensivi affissi da una catena di negozi di informatici ed elettrodomestici: «Per San Valentino, mettila a 90 gradi», si leggeva a caratteri cubitali. Sullo sfondo, una lavatrice e una scritta più in piccolo: «Se la ami davvero fare il bucato sarà semplicissimo». Le donne hanno ricordato all’amministrazione comunale, tenuta a verificare il contenuto dei messaggi veicolati prima che vengano affissi, il protocollo d’intesa sottoscritto dall’Associazione dei comuni italiani e Donne in rete contro la violenza (Dire), uno dei soggetti che partecipa al movimento Non una di meno.

La campagna è stata segnalata all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria e la deputata Celeste Costantino, di Sinistra italiana ha presentato un’interrogazione parlamentare. Il sindaco (di Forza Italia) ha fatto rimuovere i manifesti, riconoscendo – seppur a cose fatte – che violano «non solo la dignità delle donne, ma anche l’articolo 528 del codice penale» sulle scritte oscene. I negozianti lo hanno querelato e hanno rilanciato con altre pubblicità sullo stesso tenore.

Intanto, in tutte le città, il movimento Non una di meno sta definendo piazze e pratiche per lo sciopero globale dell’8 marzo, in continuo aggiornamento sul sito, sulla pagina fb, su twitter e ora anche su instagram. Ieri, a Roma, si è tenuta l’assemblea cittadina.

«Per la mattina dell’8 – spiega Giulia di Io Decido – abbiamo stabilito un presidio sotto la Regione Lazio, sulla Colombo, simbolo di temi e battaglie che il movimento sta portando avanti: quelle dei centri antiviolenza per via dei bandi e dei finanziamenti; quelle sui consultori, sulla 194 e sulla salute. Sarà presente anche la vertenza di Villa delle Querce con le lavoratrici della cooperativa in mobilitazione. La piazza sulla Formazione, a cui partecipano studentesse, maestre, insegnanti e docenti, non ha ancora deciso il luogo».

Un appello, firmato da un gruppo di docenti (Enrica Rigo, Tamar Pitch, Roberta Pompili, Paz Lloria Garcia, Michela Fusaschi…) spiega perché, l’8 marzo, si sciopererà anche contro «il sessismo nel sistema delle relazioni accademiche. Le pari opportunità – scrivono – non ci bastano: rifiutiamo l’ipocrisia del femminismo politicamente accettabile, quello che chiede alle donne di “farsi avanti”, quello corporativo della donna in carriera, che abbandona al loro destino la stragrande maggioranza di coloro che non hanno accesso all’autopromozione e all’avanzamento individuale. Scioperiamo perché, anche nell’università, la trasformazione radicale non si dà se la riproduzione sociale è considerata un problema delle donne, se non si garantiscono reddito e diritti del lavoro.Le donne nell’intero comparto della formazione sono prevalenti. Nelle università, le nostre aule sono colme di studenti meravigliose e migliaia di dottorande, post-doc, assegniste che col loro lavoro precario permettono a decine e decine di dipartimenti di funzionare. In quali condizioni? Con quali prospettive di reclutamento? E di carriera?».

Nonostante sia luogo di cultura “alta”, l’università italiana «continua a essere attraversata da una cultura profondamente sessista che quotidianamente si esprime attraverso la violenza dei più retrivi stereotipi di genere… Non si tratta solo di violenza verbale, la riconosciamo nei mille volti subdoli con cui le molestie sessuali prendono forma…». E dunque: «Non un’ora di sciopero di meno. Perché se le nostre vite non valgono, scioperiamo».

Una consegna che, a Roma, emergerà nel corteo concordato con la Questura dopo il concentramento, alle 17, presso il Colosseo, che si dirigerà a Piazza San Cosimato. «Un accordo ancora con riserva – dice Giulia – perché si tratta di un giorno infrasettimanale. Noi avremmo voluto passare davanti al Ministero del Lavoro, della Salute, della Giustizia, ma il percorso non è stato accettato. Intanto, stiamo decidendo delle azioni di avvicinamento allo sciopero in base ai contenuti degli 8 tavoli tematici».

Il volantino precisa intanto che lo sciopero sarà articolato sulle 24 ore e riguarderà «ogni nostra attività, produttiva e riproduttiva, ogni ambito, pubblico o privato, in cui discriminazione, sfruttamento e violenza su ognuna di noi si riaffermano. Se delle nostre vite si può disporre (fino a provocarne la morte) perché ritenute di poco valore, vi sfidiamo a vivere, produrre, organizzare le vostre vite senza di noi. Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo. Uno sciopero per ribaltare i rapporti di forza, per mettere al centro le nostre rivendicazioni, la necessità di trasformare relazioni, rapporti sociali e narrazioni. In casa, a scuola, sui luoghi di lavoro, nelle istituzioni. Uno sciopero che ha nel piano femminista antiviolenza la sua piattaforma e il suo programma di lotta e di trasformazione scritto dal basso».

Uno sciopero al quale hanno aderito finora oltre 30 paesi.