Tra Basilicata e Piemonte, Giuseppe Conte non ci sta a passare per l’uomo dei veti, o peggio ancora, per uno sfascia coalizioni. Dunque, convoca i suoi sui canali social del Movimento 5 Stelle e scandisce la sua versione dei fatti degli ultimi giorni.

Quasi a prendere la rincorsa a rivendica i meriti della sua forza politica, dall’affermazione in Sardegna di Alessandra Todde, giusto ieri certificata dai risultati ufficiali. «È stata una grandissima vittoria – sostiene il lader del M5S – Soprattutto se si considera che in campo c’era anche Soru, pescava anche lui dall’area progressista». Tuttavia, ed ecco uno dei paletti, «quel modello è legato alla capacità di lavorare sui programmi. E poi, ci siamo affidati a una candidata seria e competente». Da qui arriva a sottolineare le differenze con il pasticcio lucano. «In Basilicata abbiamo lavorato con grande generosità con le forze disponibili e sane – concede Conte – Con quelle forze che volessero condividere un progetto e non soltanto un problema di candidatura. Alla fine abbiamo trovato, seppur con difficoltà, un candidato di cui siamo soddisfatti che è Marrese. Attorno a questo progetto abbiamo coagulato varie forze politiche, oltre a noi Pd, Avs, +Europa e varie realtà civiche».

Il punto da rimarcare, tuttavia, è che non si poteva andare oltre queste sigle. «Se si allarga troppo e si diventa litigiosi si perdono i programmi condivisi: il progetto non è più credibile – afferma ancora – Noi chiediamo voti per realizzare progetti non per prendere il potere». Il riferimento è alle critiche di Carlo Calenda e del leader lucano di Azione, Marcello Pittella. «Lamentano di un veto nei loro confronti – prosegue Conte – I Pittella da 40 anni governano quel territorio senza risultati. Avete ascoltato l’audio che circola? Pittella, al di là del vergognoso riferimento agli ebrei, non parla mai di progetti. Parla solo di alleanze e tattiche. Adesso la destra sarà ben lieta di prendersi i suoi pacchetti di voti. Questo non è il nostro modo di fare politica, quel messaggio ne è la conferma». Poi si rivolge a Calenda: «Come si fa a essere credibili quando dici più volte che vuoi distruggere e prendere a calci il M5S? Come si fa a fare politica quando vuoi distruggere un progetto, una comunità? Dicevi che un certo modo di far politica ti faceva orrore ma è lo stesso modello che adoperi, quello che condannavi». Le differenze, rivendica l’avvocato, si rispecchiano anche sui programmi. «Si può andare in Basilicata con Calenda che chiede nuovi inceneritori e nuove trivellazioni e addirittura chiede di militarizzare i territori per realizzarli? Noi abbiamo programmi diversi, bisogna essere conseguenti. Altrimenti gli elettori non ci seguono». Quest’ultima stoccata si riferisce all’analisi della sconfitta abruzzese elaborata dai 5 Stelle: Renzi e Calenda respingono il tradizionale elettorato pentastellato. Calenda replica a stretto giro, e sceglie parole di fuoco: «La politica che mi fa orrore rimane sempre la stessa – attacca – I soldi buttati nel superbonus, il pro-putinismo, la promessa di sussidi ‘graduidamente’. Ma ti riconosco il fatto di aver domato il Pd obbligandolo ai tuoi veti.

L’ultimo passaggio di Conte è per il Piemonte: certifica che l’accordo non si farà e conferma che le tensioni sono figlie dell’amministrazione torinese di centrosinistra che ha preso il posto della giunta Appendino. «Abbiamo avuto difficoltà oggettive – sostiene – A Torino la giunta del Pd va in direzione completamente diversa rispetto a quello che ha realizzato Appendino». Dunque, si procede separati. «Ma saremo sempre disponibili a dialogare – assicura Conte – Mettendo davanti progetti, programmi, obiettivi politici».