L’amministrazione Trump sta compiendo un’ennesima inversione di marcia riguardo le politiche progressiste volute da Obama. Questa volta la mossa riguarda l’affermative action, ovvero la legge voluta dall’amministrazione precedente per promuovere la diversità nei campus universitari, dopo la presidenza Bush che, invece, era andata nella direzione opposta.

Trump ora si sta ricongiungendo all’idea di Bush jr, come se dieci anni non fossero mai passati, sollecitando le università a ignorare l’etnia nelle decisioni di ammissione e stracciando i 24 documenti che fanno parte degli admissions memos, bollati come «non necessari, datati, incoerenti con le leggi vigenti o per altri versi inappropriati».

La mossa al momento non ha forza di legge, ma il procuratore generale Jeff Sessions ha già detto che i pubblici ministeri indagheranno o citeranno le scuole riguardo quelle che considerano politiche discriminatorie nei confronti dei bianchi, penalizzando, in sostanza, qualsiasi uso dell’etnia come misura della diversità nell’istruzione.

«Il ramo esecutivo non può eludere il Congresso o i tribunali creando una guida che va oltre la legge e, in alcuni casi, rimane nei libri per decenni», ha affermato Devin O’Malley, portavoce del Dipartimento di Giustizia.

Gli ha fatto seguito la segretaria all’Istruzione Betsy DeVos che ha un po’ ammorbidito i toni in una dichiarazione a parte. «La Corte Suprema ha stabilito che politiche di azione affermativa sono costituzionali – ha dichiarato DeVos – e le decisioni scritte della Corte sono la migliore guida per affrontare questa complessa questione. Le scuole dovrebbero continuare a offrire pari opportunità a tutti gli studenti pur rispettando la legge».

Mentre i sostenitori della linea dura all’interno dei dipartimenti di Giustizia e Istruzione si stanno muovendo contro qualsiasi uso dell’etnia come misura della diversità, il problema, come evocato da DeVos, è proprio la Corte Suprema: dopo il ritiro del giudice moderato Anthony Kennedy e l’imminente cambiamento degli equilibri, che avverrà dopo la nomina da parte del presidente Trump di un sostituto presumibilmente ultra conservatore, la Corte si sposterà molto più a destra e molto distante da dove si trova ora, nonostante allo stato attuale già non sia un organo rivoluzionario ma solo di pratico buon senso e non oscurantista.

I democratici e le organizzazioni per i diritti civili hanno reagito contro le decisioni dell’amministrazione Trump. La rappresentante della minoranza democratica alla Camera, Nancy Pelosi, ha affermato che il «ritiro di una guida d’azione affermativa che definisco vitale offende i valori della nostra nazione» e l’ha definita «un altro chiaro attacco dell’amministrazione Trump alle comunità di colore».

Da parte loro i repubblicani si difendono sostenendo che l’affermative act non discrimina solo i bianchi ma penalizza anche gli asiatici. Un caso molto atteso, a questo riguardo, è quello che vede l’ateneo di Harvard contro gli studenti asiatico-americani i quali sostengono che la prestigiosa università abbia sistematicamente escluso alcuni candidati asiatico-americani per agevolare studenti di altri gruppi etnici.

«L’intera questione dell’uso della razza nell’istruzione viene guardata con un nuovo occhio – ha dichiarato Roger Clegg, presidente e consigliere generale del Centro conservatore per le pari opportunità – Questo alla luce del fatto che non vengono discriminati solo gli studenti bianchi, ma anche quelli asiatici o di altri gruppi. La situazione con il cambiamento demografico del Paese, diventerà sempre più problematica».