Era destinato a succedere, tutti dicevano e pensavano che sarebbe successo, ed è successo. «È giunta l’ora di sospendere la mia campagna», ha detto ieri Nikki Haley, lasciando la corsa per la nomination repubblicana dopo il voto di martedì. Quello che non tutti si aspettavano, invece, è che Haley mantenesse la barra dritta e rifiutasse il suo endorsement a Donald Trump: «Con ogni probabilità sarà il candidato repubblicano nominato dalla nostra convention di luglio». «Mi congratulo con lui», ma «ora sta a Donald Trump guadagnarsi i voti di coloro che, all’interno e oltre il nostro partito, non lo supportano».

HALEY HA PARLATO all’indomani del Super Tuesday, durante il quale si è votato in 15 stati per decidere i candidati di entrambi i partiti alla Casa bianca: una gara non propriamente da fiato sospeso, visto che la vittoria schiacciante di Trump e, per il partito democratico, Joe Biden, si aspettava da mesi. Entrambi hanno accumulato vittorie e, tenendo conto che si votava sia in California che in Texas, due stati che assegnano un gran numero di delegati, a questo punto si può dire che i giochi sono fatti, anche se entrambi i candidati non hanno potuto festeggiare una vittoria totale: se da un lato Haley si è assicurata la vittoria, dopo quella nel District of Columbia, almeno in Vermont – oltre a circa il 30% del voto popolare – Biden ha perso nelle isole Samoa che gli hanno preferito un 50enne sconosciuto, Jason Palmer, residente a Baltimore e che ha fatto campagna elettorale per lo più via zoom. Oltre a essere stato oggetto della contestazione pacifista degli «uncommitted» (arrivati al 20% in Minnesota dopo l’exploit del Michigan).

DAL CANTO SUO, Donald Trump non ha neanche nominato Nikki Haley nel breve (per i suoi standard: 22 minuti) discorso della vittoria, già incentrato sul rematch con Joe Biden e infarcito di minacce e riferimenti al confine, prima di girare i tacchi e tornare ai festeggiamenti nella ballroom di Mar-a-Lago. Su Truth Social però è stato più se stesso: «Nikki Haley è stata asfaltata ieri notte, in modo da record, nonostante i democratici, per ragioni sconosciute, siano liberi di votare in Vermont». «Biden è il nemico, sta distruggendo il nostro Paese. Make America Great Again!» ha concluso senza ovviamente raccogliere l’invito di Haley, che durante il suo discorso aveva invitato gli americani a superare «l’oscurità dell’odio e della divisione».

A TENDERE subito una mano verso i sostenitori di Haley – che ringrazia per la sua «volontà di dire la verità» sul conto di Trump – è invece Joe Biden: «Donald Trump ha reso evidente di non volere i sostenitori di Nikki Haley. Voglio essere chiaro: nella mia campagna c’è posto per loro». Ieri, intanto, ha abbandonato le primarie anche il suo sfidante “principale”: il deputato dem Dean Phillips, del Minnesota.

Questo Super Tuesday è servito sia a Biden che a Trump per toccare con mano i propri punti deboli, che potrebbero danneggiarli alle elezioni di novembre: per il presidente in carica si tratta del malcontento dell’ala progressista che ha preferito votare uncommitted, mentre per Trump si tratta dei cittadini dei sobborghi con istruzione universitaria che hanno scelto Haley. Il tempo per correggere il tiro e recuperare queste fasce di voto esiste per entrambi, visto che mancano 8 mesi alle elezioni.

MENTRE HALEY si gioca il suo futuro politico sul distanziamento da Trump, un pavido assist all’ex presidente arriva dal dimissionario leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, che ieri gli ha dato il suo endorsement. Rimangiandosi definitivamente la condanna nei confronti di Trump che aveva espresso all’indomani dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, passando sopra gli insulti pubblici e privati che riceve da anni e facilitandogli il supporto anche dei repubblicani più moderati del Senato.