È molta di più la gente che se ne è andata in spiaggia per il carnevale – un segno di normalità in contrasto con la tesi della catastrofe umanitaria – di quella che ha accolto l’nvito di Juan Guaidó a scendere in strada in occasione del suo rientro nel paese.

Come mostrano i video apparsi sulle reti sociali, la partecipazione alle manifestazioni è stata scarsa e non ha lasciato alcun segno. A conferma del fatto che l’autoproclamatosi presidente ad interim ha dalla sua l’incondizionato sostegno degli Stati uniti e dei loro alleati e il favore della grande stampa internazionale, ma non muove di certo le folle del suo paese.

GUAIDÓ È ATTERRATO all’aeroporto internazionale di Maiquetía, ha superato i controlli sull’immigrazione come qualunque cittadino – non come un presidente ad interim – ed è stato accolto dagli ambasciatori di Argentina, Brasile, Canada, Cile, Perù, Ecuador, Germania, Spagna, Francia, Olanda, Portogallo e Romania più l’incaricato di affari degli Stati uniti, tutti accorsi a garantire che nulla potesse accadergli, in una nuova manifestazione di ingerenza negli affari interni di un altro paese.

Non gli è accaduto nulla. Dal governo hanno fatto sapere che c’è un’indagine in corso, e null’altro. E nella base chavista, dove si discute se sia stato un bene o un male non arrestarlo per aver violato, lo scorso 22 febbraio, il divieto di lasciare il paese, i più sono d’accordo con la linea adottata.
Il governo, finora, si è sempre mosso con cautela, rinunciando a rispondere alle provocazioni per non alzare inutilmente il livello della tensione. E soprattutto consapevole che, come ha twittato il ministro della Cultura Ernesto Villegas, «la lotta del Venezuela è con il proprietario del circo, non con i suoi pagliacci. Ogni cosa a suo tempo».

CHE IL GOVERNO NON VOGLIA trasformare un presidente fantasma in un martire o in un eroe potrebbe rivelarsi una scelta vincente. Il tempo, del resto, gioca a sfavore di Guaidó, che non potrà sostenersi a lungo nel suo ruolo di presidente ad interim senza governo e senza popolo, che ieri è invece accorso al Cuartel de la Montaña, dove i riposano i resti di Hugo Chávez, per il sesto anniversario della sua scomparsa o, come dicono in Venezuela, della sua «semina».

E, soprattutto, senza forze armate, le quali si sono mantenute fedeli al presidente Maduro malgrado appelli, avvertimenti, promesse e minacce: 116, su circa 230mila, i militari che hanno al momento disertato.

INTANTO, E PARADOSSALMENTE, si registra in Venezuela tanto un aumento della disponibilità di alimenti quanto una sensibile riduzione dei prezzi (perlomeno di alcuni prodotti), a causa, almeno in parte, proprio della chiusura della frontiera con la Colombia, con relativa e drastica caduta del contrabbando.

A pagare è invece la città colombiana di Cúcuta, dove restano ammassati i cosiddetti aiuti umanitari: lo stop al flusso di venezuelani che ogni giorno passavano la frontiera per fare acquisti ha comportato un crollo delle attività economiche nella città di confine. Un’emergenza umanitaria, sì, ma sul lato colombiano.