Liberare i giornalisti e i difensori dei diritti umani. È questo il monito contenuto nel comunicato sull’Egitto rilasciato da Ropert Cupeville, portavoce dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite.

«Siamo molto preoccupati per il sovraffollamento delle prigioni in Egitto e per il rischio di una rapida diffusione del Covid-19 tra gli oltre 114mila detenuti del paese», si legge nella nota.

Le dichiarazioni arrivano dopo l’appello rivolto dall’Alta Commissaria, Michelle Bachelet, ai governi di tutto il mondo per implementare le misure di sicurezza e tutelare la salute dei detenuti.

Finora l’Iran ha rilasciato dalle sue carceri, almeno temporaneamente, circa 100mila persone, l’Indonesia 30mila mentre la Turchia si appresta a rilasciarne 90mila ma non i prigionieri politici e i giornalisti.

«Esortiamo – continua il comunicato – anche il governo egiziano a seguire l’esempio di altri Stati in tutto il mondo e a rilasciare i condannati per reati non violenti e coloro che sono in custodia cautelare, che costituiscono poco meno di un terzo dei detenuti».

Si chiede anche la liberazione di tutti coloro «detenuti arbitrariamente a causa del loro lavoro politico o per la loro difesa dei diritti umani».

Al sovraffollamento si sommano le scarse condizioni d’igiene e il negato accesso a cure mediche e trattamenti adeguati per i carcerati. Le conseguenze di una diffusione del virus sarebbero devastanti.

Le Nazioni unite denunciano anche l’arresto di 15 cittadini egiziani accusati di aver diffuso informazioni false. Multe e detenzioni per chi non pubblica notizie conformi a quelle governative. Tra gli arresti figurano un dottore e un farmacista, rei di aver denunciato la mancanza di mascherine attraverso dei video diffusi su Facebook.

Sorte diversa è toccata alla giornalista Ruth Michaelson del Guardian, intimata a lasciare il paese dopo aver pubblicato un articolo che riportava uno studio basato su modelli matematici il quale evidenziava come in realtà il numero delle persone contagiate sia molto più alto di quelle individuate fino a oggi.

I dati aggiornati a domenica sera evidenziano 1.173 contagi, 247 guariti e 78 morti, con una crescita costante dei numeri.

Nel frattempo, Hatem Abu el-Kassem, direttore del National Cancer Institute, uno dei centri oncologici più importanti d’Egitto, ha affermato che 12 infermieri e tre dottori sono risultati positivi al coronavirus, aumentando la paura di un possibile contagio di massa tra il personale sanitario, soprattutto dopo che il 29 marzo è morto il primo dottore.

Preoccupazione anche tra i militari, dopo che due generali di alto rango sono morti a causa del virus. Entrambi i deceduti erano a capo di un importante progetto di ingegneria idrica. Dopo la notizia, l’esercito ha iniziato a isolare i soldati al rientro dalle ultime missioni sul territorio.

Chiuse scuole e università fino a metà aprile, mentre gli esercizi commerciali rimangono, per ora, aperti fino alle 5 del pomeriggio.

Per intimare gli egiziani a rimanere a casa, al-Sisi ha istituito un coprifuoco notturno dalle 7 di sera fino alle 6 del mattino. Chiunque violi le regole oltre a 4mila lire egiziane di multa (circa 235 euro), rischia il carcere.

Non si ferma però il settore edile che contribuisce al 16% del pil nazionale, impiegando il 20% della forza lavoro, senza contare quelli a nero (si stima circa il 40%). Sono state prese soltanto poche misure di precauzione, ma le costruzioni continuano, in particolare a New Cairo, città interamente costruita da zero a meno di 30 minuti dalla capitale.

Sul progetto al-Sisi si gioca gran parte del consenso politico del suo mandato: ritardarne il completamento non è ammissibile, almeno per ora.